Nei post precedenti ho cercato di segnalare gli aspetti più controversi delle riduzioni reali del capitale (-K, -P).
Oggi vorrei approfondire una questione che riguarda, invece, le riduzioni nominali: l'utilizzabilità degli utili di periodo a copertura delle perdite.
Ritornando brevemente su quanto già detto, la riduzione nominale del capitale per perdite è, a differenza di quella reale, un'operazione meramente contabile con la quale si adegua il capitale al patrimonio netto eroso dalle perdite intervenute.
E' ormai pacifico sia in dottrina che in giurisprudenza (cfr. Cass.121347/1999) che le perdite debbano essere calcolate al netto delle riserve: in buona sostanza, le perdite potranno intaccare il capitale sociale solo dopo aver inciso sulle riserve iscritte in bilancio.
Al contrario, fortemente discussa è la possibilità di riconoscere anche agli utili di periodo questa funzione di protezione del capitale.
Per utile di periodo deve intendersi quell'utile che è in fase di formazione in quanto non risultante da un bilancio d'esercizio regolarmente approvato, bensì da situazioni patrimoniali infrannuali.
Secondo la tesi più rigorosa, sostenuta dalla giurisprudenza di merito negli anni '90, gli utili di periodo non sarebbero utilizzabili a copertura delle perdite, essendo "poste contabili non consolidate" (CUPINI) e quindi incompatibili con il criterio di prudenza nella redazione del bilancio che si evince dall'art. 2424 bis c.c..
Di contrario avviso è la dottrina dominate, suffragata oggi anche dalla giurisprudenza di legittimità (cfr. Cass. 5740/2004), la quale ritiene che il divieto di distribuzione di utili non ancora conseguiti e attestati dal bilancio di esercizio (art. 2433 c.c.) non deve essere confuso con l'utilizzazione degli stessi. Inoltre, un'indicazione nel senso della rilevanza degli utili di periodo si trae dallo stesso art. 2446 c.c., il quale fa espresso riferimento alla possibilità che le perdite vengano riassorbite nel corso dell'esercizio. Ciò significa, chiaramente, che si sono prodotti utili nel periodo di riferimento che hanno consentito di ottenere un risultato di gestione positivo.
Come viene osservato nel motivato in diritto della sentenza, così come la situazione infrannuale è idonea a rappresentare la sussistenza di perdite ulteriori rispetto a quelle eventualmente emerse nel bilancio di esercizio, analogamente ad essa, per un'evidente simmetria, si deve fare riferimento per l'accertamento "del ricavato netto di tale gestione e del conseguente incremento del patrimonio della società per ricostruire nel modo più fedele possibile l'effettiva entità di questo medesimo patrimonio in un momento dato".
Quanto al presunto limite derivante dal principio di prudenza nella redazione del bilancio, la Suprema Corte osserva che questi principi sono dettati per evitare ingiustificate emorragie patrimoniali e non già per "misurare l'entità attuale del patrimonio dell'ente in rapporto al capitale sociale previsto nell'atto costitutivo". In ossequio al diverso principio di competenza, pertanto, gli utili di periodo devono essere computati al fine di offrire una rappresentazione veritiera del patrimonio sociale.
Quanto al presunto limite derivante dal principio di prudenza nella redazione del bilancio, la Suprema Corte osserva che questi principi sono dettati per evitare ingiustificate emorragie patrimoniali e non già per "misurare l'entità attuale del patrimonio dell'ente in rapporto al capitale sociale previsto nell'atto costitutivo". In ossequio al diverso principio di competenza, pertanto, gli utili di periodo devono essere computati al fine di offrire una rappresentazione veritiera del patrimonio sociale.
In tal senso si è espresso anche il Consiglio Notarile di Milano nella massima n. 68, nella quale si legge che: "L’abbattimento del capitale sociale per perdite può avere luogo solo previo utilizzo delle eventuali riserve, posto che, ove il capitale stesso fosse ridotto nonostante l’esistenza di altre voci di netto patrimoniale, si verserebbe nella diversa fattispecie della riduzione di cui agli articoli 2445 o 2482 c.c., e non in quella di riduzione per perdite.
Tale esigenza implica che l’utile di periodo (cioè il risultato di segno positivo creatosi nel tempo compreso tra la chiusura dell’ultimo esercizio e la data di riferimento della situazione infrannuale) debba essere conteggiato ai fini della determinazione della misura della perdita da coprire, tutte le volte che la sua mancata considerazione determinerebbe riduzione del capitale".
Tale esigenza implica che l’utile di periodo (cioè il risultato di segno positivo creatosi nel tempo compreso tra la chiusura dell’ultimo esercizio e la data di riferimento della situazione infrannuale) debba essere conteggiato ai fini della determinazione della misura della perdita da coprire, tutte le volte che la sua mancata considerazione determinerebbe riduzione del capitale".
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