Dopo aver illustrato, nei post precedenti, la riduzione di capitale mediante rimborso in natura e mediante sorteggio, resta da affrontare, per completare la rassegna delle modalità di riduzione reale non codificate, la questione del passaggio di capitale a riserva.
Si tratta di una operazione mediante la quale l'assemblea delibera una normale riduzione reale mediante rimborso ai sensi dell'art. 2445 c.c., con la differenza che il capitale rimborsato non viene attribuito ai soci bensì accantonato a riserva.
Anche in questo caso, dottrina e giurisprudenza sono tutt'altro che concordi nel valutare nell'inquadramento della tematica in oggetto.
L'adozione del meccanismo di accantonamento a riserva del capitale ridotto, infatti, presta il fianco ad una ovvia critica: se la riduzione reale si caratterizza per il fatto di determinare, oltre alla variazione contabile del capitale, un decremento patrimoniale per la società, è evidente che l'ammontare del patrimonio resterà invariato laddove l'esborso confluisca in una riserva. In buona sostanza, si otterrebbe una variazione meramente contabile, come nel caso della riduzione nominale (cfr. Trib. Milano 11 giugno 1984; Trib. Milano 11 giugno 1984; Trib. Ravenna 26 settembre 2000).
Una critica plausibile e suggestiva che, tuttavia, non considera la possibilità che i soci tutti rinuncino al credito derivante dal rimborso e ne autorizzino l'accantonamento in una apposita riserva. Secondo questa tesi, ben più permissiva e sicuramente dominante, l'unanimità dei soci può realizzare, in un unico contesto, la restituzione e il simultaneo versamento a riserva. Il fatto che le somme rimborsate restino a disposizione della società non vale a snaturare i caratteri dell'operazione, dal momento che, ove questo risultato si ottenesse mediante due distinte operazioni, non se ne potrebbe contestare la legittimità.
In tal senso, si è espresso anche il Consiglio Notarile del Triveneto come si evince dalla massima che segue:
I.G.22 - (RIDUZIONE VOLONTARIA DEL CAPITALE – MODALITÀ DI ATTUAZIONE - 1° pubbl. 9/05)
In caso di riduzione volontaria del capitale a sensi dell’art. 2482 c.c. la decisione può essere attuata anziché mediante il rimborso ai soci (o la loro liberazione dall’obbligo dei versamenti ancora dovuti) anche mediante l’imputazione ad apposita riserva dell’importo della riduzione.
Ovviamente anche nel caso di specie si applicano le disposizioni di cui all’art. 2482, secondo e terzo comma, c.c. (con tutte le precisazioni in relazione ai diversi momenti dell’efficacia e della eseguibilità della decisione. Per quanto riguarda, più specificatamente, il momento della eseguibilità della decisione nel caso di specie, la riserva cui è stato imputato l’importo della riduzione dovrà considerarsi “vincolata e non distribuibile” sino a che non siano trascorsi novanta giorni dalla data di iscrizione al registro imprese della decisione, dopodichè, e semprechè entro questo termine nessun creditore sociale anteriore all’iscrizione abbia fatto opposizione, la riserva stessa potrà considerarsi “disponibile” e quindi anche distribuibile tra i soci).
Ovviamente anche nel caso di specie si applicano le disposizioni di cui all’art. 2482, secondo e terzo comma, c.c. (con tutte le precisazioni in relazione ai diversi momenti dell’efficacia e della eseguibilità della decisione. Per quanto riguarda, più specificatamente, il momento della eseguibilità della decisione nel caso di specie, la riserva cui è stato imputato l’importo della riduzione dovrà considerarsi “vincolata e non distribuibile” sino a che non siano trascorsi novanta giorni dalla data di iscrizione al registro imprese della decisione, dopodichè, e semprechè entro questo termine nessun creditore sociale anteriore all’iscrizione abbia fatto opposizione, la riserva stessa potrà considerarsi “disponibile” e quindi anche distribuibile tra i soci).
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