22 luglio 2010
Delle planimetrie, dell'allineamento catastale e di altri demoni: come complicarsi la vita dopo il D.L. 78/2010
21 luglio 2010
Eredità devolute ad associazioni e fondazioni: conseguenze della mancata accettazione beneficiata
Malgrado la varietà e la pesantezza delle argomentazioni addotte da ciascuna tesi, la prassi sembra preferire le seguenti conclusioni:
20 luglio 2010
Incontro di studio a Trani: Novità del D.L. 78/2010
Giovedì 22 luglio 2010, ore 9.30-13.30
presso l’Archivio Notarile di Trani
Via Archivio n. 3 – 70059 TRANI
Il D.L. n.78/2010: attualità e problematiche.
Incontro con l'Agenzia del Territorio di Bari.
Notaio Antonella Trapanese: Brevi note sugli obblighi a carico dei Notai introdotti dall’articolo 19 comma 14 del D.L. 78/2010
Ing. Vincenzo Mele - Direttore Ufficio provinciale del Territorio di Bari: Analisi delle problematiche: le risposte ai quesiti dei Notai
Ing. Pietro Curzio - Responsabile del Settore Gestione Banche Dati: Analisi delle problematiche: le risposte ai quesiti dei Notai
Ing. Emanuele Borrello - Responsabile del Settore Servizi all’Utenza: Analisi delle problematiche: le risposte ai quesiti dei Notai
Parteciperà all’incontro il dott. Gerardo Strippoli – Conservatore Delegato dei Registri Immobiliari di Trani.
16 luglio 2010
La trasformazione della cooperativa a mutualità prevalente in S.p.A.
In questo caso, sentito il parere del revisore esterno, ove presente, gli amministratori devono redigere un apposito bilancio, da notificarsi entro sessanta giorni dalla approvazione al Ministero delle attività produttive, al fine di determinare il valore effettivo dell’attivo patrimoniale da imputare alle riserve indivisibili. Il bilancio deve essere verificato senza rilievi da una società di revisione."
Alla proposta di deliberazione di trasformazione gli amministratori allegano una relazione giurata di un esperto designato dal tribunale nel cui circondario ha sede la società cooperativa, attestante il valore effettivo del patrimonio dell’impresa.
L’assemblea non può procedere alla deliberazione di cui ai precedenti commi qualora la cooperativa non sia stata sottoposta a revisione da parte dell’autorità di vigilanza nell’anno precedente o, comunque, gli amministratori non ne abbiano fatto richiesta da almeno novanta giorni”.
4 luglio 2010
Utili di periodo: coprono le perdite?
Quanto al presunto limite derivante dal principio di prudenza nella redazione del bilancio, la Suprema Corte osserva che questi principi sono dettati per evitare ingiustificate emorragie patrimoniali e non già per "misurare l'entità attuale del patrimonio dell'ente in rapporto al capitale sociale previsto nell'atto costitutivo". In ossequio al diverso principio di competenza, pertanto, gli utili di periodo devono essere computati al fine di offrire una rappresentazione veritiera del patrimonio sociale.
Tale esigenza implica che l’utile di periodo (cioè il risultato di segno positivo creatosi nel tempo compreso tra la chiusura dell’ultimo esercizio e la data di riferimento della situazione infrannuale) debba essere conteggiato ai fini della determinazione della misura della perdita da coprire, tutte le volte che la sua mancata considerazione determinerebbe riduzione del capitale".
3 luglio 2010
Modalità di attuazione delle riduzioni reali del capitale - Il passaggio del capitale ridotto a riserva
I.G.22 - (RIDUZIONE VOLONTARIA DEL CAPITALE – MODALITÀ DI ATTUAZIONE - 1° pubbl. 9/05)
Ovviamente anche nel caso di specie si applicano le disposizioni di cui all’art. 2482, secondo e terzo comma, c.c. (con tutte le precisazioni in relazione ai diversi momenti dell’efficacia e della eseguibilità della decisione. Per quanto riguarda, più specificatamente, il momento della eseguibilità della decisione nel caso di specie, la riserva cui è stato imputato l’importo della riduzione dovrà considerarsi “vincolata e non distribuibile” sino a che non siano trascorsi novanta giorni dalla data di iscrizione al registro imprese della decisione, dopodichè, e semprechè entro questo termine nessun creditore sociale anteriore all’iscrizione abbia fatto opposizione, la riserva stessa potrà considerarsi “disponibile” e quindi anche distribuibile tra i soci).
2 luglio 2010
Modalità di attuazione della riduzione reale del capitale sociale – Il rimborso a sorteggio
Il rischio di disparità di trattamento che si prospetta a fronte di un'operazione di questo tenore ha indotto numerosi autori a negare in assoluto l'ammissibilità del sorteggio nel rimborso dei conferimenti, alla luce anche della considerazione secondo la quale questa modalità determinerebbe un'ipotesi di esclusione non contemplata dalla legge.
Una tesi intermedia ammette il sorteggio solo in caso di previsione statutaria in tal senso o all'unanimità, sostenendo che la volontà sociale abbia il potere di neutralizzare gli effetti sperequativi dell'operazione (così BELVISO).
Campobasso e Di Sabato, al contrario, propendono per la liceità del sorteggio, argomentando in base alla constatazione che la disparità viene di fatto annullata dal fatto che la probabilità di exit incombe senza distinzioni su tutti i soci. Tuttavia, se a priori la parità di trattamento è garantita dall'alea del sorteggio, a posteriori i titolari delle partecipazioni sorteggiate e rimborsate al valore nominale subiscono la perdita del valore reale dell'azione (GHEZZI). Pertanto, a garanzia del socio uscente, la società deve prevedere l'emissione di azioni di godimento che ristorino il socio del differenza tra valore reale dell'azione e valore nominale di rimborso (BIONE).
Ne', si è osservato, vale ad escludere la legittimità di siffatta operazione il fatto che la delibera sia adottata a maggioranza, perchè l'operatività delle società di capitali non è improntata su una regola unanimistica e perchè, come già detto, l'alea dell'esproprio grava indifferentemente su tutti i soci.
Modalità di attuazione della riduzione reale del capitale sociale - Il rimborso in natura
- tramite liberazione dall'obbligo di effettuare in conferimenti;
- mediante rimborso ai soci del valore del conferimento.
1. La prima modalità presuppone, evidentemente, che tutte le azioni non siano state interamente liberate (cioè che i soci non abbiano provveduto al versamento dei centesimi residui). Solo in tal modo è possibile ripartire la riduzione tra tutti i soci in ottemperanza al principio di parità di trattamento.
Essa trova attuazione mediante la riduzione del valore nominale delle azioni già in circolazione (ove queste siano in concreto fornite di tale valore) o mediante la sostituzione delle azioni già emesse con altrettante partecipazioni di valore nominale inferiore.
È evidente che, nel caso in cui le azioni non presentino un valore nominale indicato, non sarà necessario adottare alcuna modalità pratica per l'attuazione della riduzione. Il valore di ogni partecipazione sarà dato, pertanto, dividendo il capitale per ciascuna di esse.
2. Quanto alla riduzione attuata mediante rimborso ai soci, essa normalmente si realizza con un'assegnazione in denaro accompagnata, nel caso di azioni con valore nominale determinato, dalla riduzione del valore delle azioni in circolazione o dalla sostituzione delle azioni stesse.
In ambito notarile, si è prospettata anche la possibilità di realizzare il rimborso mediante un'assegnazione in natura.
Alcuni autori (ex multis BUSI, FERRUCCI FERRENTINO e Trib. Rovereto 5 giugno 1970) sostengono l'inammissibilità di un rimborso in natura per le seguenti ragioni:
-non è detto che la società abbia beni tali da soddisfare le spettanze di ciascun socio senza violare il principio di parità di trattamento;
-la datio in solutum che si realizza è una modalità esecutiva che, come tale, dovrebbe essere di competenza dell'organo amministrativo, mentre la riduzione reale è realizzata dall'assemblea;
-una delibera a maggioranza che decida l'assegnazione risulta coercitiva nei confronti dei soci dissenzienti o assenti;
-la lettera dell'art. 2445 sembra alludere palesemente al rimborso in denaro;
-l'art. 2280 vieta la ripartizione dei beni sociali fino all'integrale soddisfazione dei creditori sociali.
Sempre secondo questa opinione, il rimborso in natura può avvenire solo alle seguenti condizioni:
-i beni assegnati siano fungibili dotato di un prezzo corrente risultante da listini di borsa e mercuriali (cfr. Trib. Roma, 1996);
-l'assegnazione avviene al prezzo così individuato;
-lo statuto sociale prevede la possibilità di estinguere i debiti verso i soci derivanti da riduzioni reali mediante beni diversi dal denaro;
-espressa autorizzazione del socio alla datio in solutum.
Di contrario avviso sembra essere la prassi notarile. In due quesiti proposti all'Ufficio Studi (cfr. 130-2008/I e 99-2008/I), il Consiglio Nazionale del Notariato ammette le cd. “riduzioni reali targate” anche al fine di realizzare l'exit concordato di un solo socio, purchè adottate con l'unanimità dei consensi, nel rispetto del principio di parità di trattamento dei soci, e accompagnate da una perizia di stima dei beni da assegnare.
Analogamente, in una massima del 2009, il Consiglio Notarile di Firenze ammette l'assegnazione in natura in presenza di una clausola statutaria che legittimi l'operazione.
Ancora sulla riduzione reale del capitale sociale - Casi particolari
Si dubita in dottrina circa l'ammissibilità di siffatta operazione.
– Ferrucci Ferrentino: è ammissibile perchè la modifica dell'art. 2445 consente all'assemblea di procedere a riduzioni volontarie del capitale, purchè adeguatamente motivate.
– Giurisprudenza: ritiene che la riduzione proporzionale imposta dall'art. 2446, comma 2, c.c. sia principio vincolante delle sole riduzioni obbligatorie per perdite. Pertanto, una riduzione superiore alle perdite accertate impone l'osservanza degli obblighi e delle modalità previsti dall'art. 2445 c.c.
La fattispecie non può rientrare nell'ipotesi di riduzione obbligatoria del 2447, perché si ritiene che essa operi solo laddove siano presenti entrambi i presupposti:
– perdite superiori al terzo del capitale sociale
– erosione del capitale al di sotto del minimo legale
Ferrucci e Ferrentino riconducono anche questa fattispecie al 2445.
La riduzione reale del capitale sociale - Un caso particolare
RIDUZIONE PER PERDITE INFERIORI AL TERZO DEL CAPITALE SOCIALE – Riduzione facoltativa del capitale per perdite
L'ipotesi, come già detto, non è prevista dal legislatore, pertanto è necessario accertarne preliminarmente l'ammissibilità, prima di incasellarla nelle modalità di riduzione del capitale disciplinate dal codice civile.
a. È ammissibile ridurre il capitale in caso di perdite inferiori al terzo del capitale sociale?
– Dottrina dominante (Ferrara-Corsi, Belviso, Campobasso): si, perché si tratta di un adeguamento del capitale nominale al valore del patrimonio reale a fronte delle perdite; - Altri autori (Fenghi): no, perché consentirebbe ai soci di procedere alla distribuzione degli utili futuri (eliminando il vincolo di indistribuibilità ex art. 2433, II), pregiudicando i creditori.
b. Qualora se ne ammetta la legittimità, si deve applicare la disciplina della riduzione reale o di quella nominale (2445 – 2446)?
E' opinione condivisa (ex multis, Campobasso) che si tratti di una modifica dello statuto, da realizzarsi mediante delibera dell'assemblea straordinaria, con le maggioranze per essa previste (2436).
La riduzione in questione configurerebbe una operazione facoltativa, dal momento che la legge impone di procedere ad una riduzione del capitale solo in caso di perdite superiori ad un terzo del capitale (2446 e 2447). In assenza di un'espressa disciplina, la dottrina precedente alla riforma si è interrogata circa la regolamentazione della fattispecie.
– Applicazione del 2445: alcuni autori hanno sostenuto l'applicabilità della disciplina del 2445, in quanto (i) si indebolisce la garanzia dei creditori; (ii) vengono resi disponibili utili altrimenti destinati alla riduzione delle perdite; (iii) si riduce l'ammontare della riserva legale). Ciò rende opportuno il riconoscimento del diritto all'opposizione in capo ai creditori (Tesi di Ferrucci e Ferrentino);
– Applicazione del 2446: la dottrina prevalente ritiene applicabile il 2446, perchè l'operazione determina l'adeguamento del capitale nominale al valore del patrimonio esistente e non una restituzione dei conferimenti (Tesi di Campobasso e Busi).
Massima del Consiglio Notarile del Triveneto H.G.25 – (PRESUPPOSTI FORMALI DELLA DELIBERA DI RIDUZIONE DEL CAPITALE PER PERDITE INFERIORI AL TERZO – 1° pubbl. 09/08)
Nel caso di riduzione del capitale per perdite inferiori ad un terzo è comunque necessario che sia garantito che il capitale sia ridotto in proporzione alle perdite accertate.
Pertanto, sarà necessario che le perdite risultino o dal bilancio riferito ad un esercizio chiuso da non più di centottanta giorni o da una situazione patrimoniale riferita ad una data non anteriore a centoventi giorni (vedi orientamento H.G.6).
Occorre inoltre una relazione dell’organo amministrativo, con le osservazioni del collegio sindacale o del comitato per il controllo sulla gestione, al fine di spiegare l’opportunità dell’operazione.
Cassazione civile , sez. I, 13 gennaio 2006 , n. 543
"La riduzione facoltativa del capitale sociale per perdite inferiori al terzo è un'operazione destinata per sua stessa natura ad incidere sull'assetto sociale, e quindi ad interferire nella sfera soggettiva dei soci, in particolare sul loro diritto alla distribuzione degli utili, nonché a spiegare influenza sui diritti dei terzi, e segnatamente dei creditori sociali, le cui ragioni sono garantite proprio dal capitale sociale; essa non è contemplata specificamente nè dall'art. 2445 c.c., che si riferisce alla diversa ipotesi di esuberanza del capitale, nè dagli art. 2446 e 2447, che prevedono la riduzione obbligatoria per perdite, ma deve ugualmente attuarsi secondo un modello predefinito che offra adeguate garanzie di protezione ad entrambe le predette categorie di soggetti; nel silenzio del legislatore, la sua disciplina dev'essere ricavata, ai sensi dell'art. 12, comma 2, disp. prel. c.c., dai principi generali desumibili dall'art. 2446, con gli adattamenti resi necessari dalla discrezionalità dell'operazione, connessa alla minore entità della perdita: ne consegue che l'amministratore, mentre non è tenuto a convocare senza indugio l'assemblea, deve rendere edotti i soci dell'effettivo stato patrimoniale della società, mediante una situazione patrimoniale riferita ad una data prossima a quella dell'adunanza; tale situazione patrimoniale può essere surrogata anche dall'ultimo bilancio di esercizio, purché sia rispettata quell'esigenza di continuità temporale, rispetto alla data di convocazione dell'assemblea, che garantisce un'idonea informazione dei soci, e non siano nel frattempo sopravvenuti fatti significativi."
"In materia di riduzione nominale del capitale sociale, ove questo sia eseguito per adeguare il capitale sociale al patrimonio netto, la fattispecie rappresenta ipotesi che non è specificamente regolata dal legislatore. Questi, infatti, ha predisposto specifica disciplina nell'art. 2445 c.c. per il caso di riduzione, anch'essa facoltativa, ma effettiva, vale a dire per esuberanza, e per quello di riduzione per perdite ma non già facoltativa bensì obbligatoria, che è oggetto della previsione testuale dell'art. 2446 c.c. e per la “species” più grave in cui il capitale sociale sia stato totalmente eroso a causa delle perdite, dell'art. 2447 c.c. Emerge, pertanto, dal quadro normativo riferito, che delle tre ipotesi di riduzione del capitale sociale per perdite, quella per perdite inferiori al terzo e le altre due per perdite superiori al terzo, la prima non è stata specificamente regolamentata. Tale constatazione non legittima, tuttavia, l'affermazione di esistenza di un vuoto normativo cui consegua un'articolazione dell'operazione rimessa alla mera discrezionalità dei singoli enti, i quali rimarrebbero liberi di disciplinarla secondo criteri e scansioni che finirebbero, per essere del tutto difformi da caso a caso, a seconda delle singole specifiche previsioni statutarie. È evidente, pertanto, l'esigenza anche attesa l'influenza dell'operazione sugli interessi dei terzi, e segnatamente dei creditori sociali, le cui ragioni sono garantite proprio dal capitale sociale, che l'operazione stessa si attui alla stregua di un modello astrattamente predefinito, che offra adeguata garanzia di protezione sia per l'una che per l'altra categoria di soggetti interessati e che, nel silenzio del legislatore, deve necessariamente mutuarsi dall'istituto, espressamente regolamentato dall'art. 2446 c.c."