11 giugno 2010

La moglie in bianco, l'amante al pepe. Tra risate, equivoci e strafalcioni giuridici, qualche riflessione sulla condizione di contrarre matrimonio.

In una nota commedia all'italiana degli anni '80, il nobile donnaiolo Calogero Patanè in punto di morte convoca il notaio per disporre delle proprie sostanze per il tempo in cui avrà cessato di vivere.

Io sottoscritto Calogero Patanè, Grande Ufficiale della Giarrettiera, nomino erede universale mio figlio Giuseppe detto Peppino ad una condizione, in mancanza della quale tutta l'eredità andrà a mia figlia: che mio nipote Gianluca figlio di Peppino si sposi ed abbia un figlio entro un anno esatto dalla mia morte, dando così prova della virilità che ha sempre distinto il nostro casato”.

Il notaio Brindisi che ha ricevuto il testamento è al riparo dall'art. 28 L.Not.?

Probabilmente si, perché la condizione coartante riguarda una persona diversa dall'istituito. Ma se il cavalier Patanè avesse condizionato l'istituzione di erede al matrimonio dello stesso Peppino, il notaro Brindisi non sarebbe passato indenne dall'ispezione notarile...

In una recente sentenza (Cass. Civ. Sez. II, 15-04-2009, n. 8941) la Cassazione ha, infatti, affermato il seguente principio di diritto:
"La condizione, apposta ad una disposizione testamentaria, che subordini la efficacia della stessa alla circostanza che l'istituito contragga matrimonio, è ricompresa nella previsione dell'art. 634 c.c., in quanto contraria alla esplicazione della libertà matrimoniale, fornita di copertura costituzionale attraverso gli artt. 2 e 29 Cost. Pertanto, essa si considera non apposta, salvo che risulti che abbia rappresentato il solo motivo ad indurre il testatore a disporre, ipotesi nella quale rende nulla la disposizione testamentaria".
Si tratta di una pronuncia di rottura, in cui la Cassazione assume una posizione tranchant rispetto all'atteggiamento decisamente più possibilista (e a mio parere più equilibrato) emerso in numerose sentenze precedenti.
Riporto i passaggi logici fondamentali che emergono dalla motivazione in diritto:
1. il principio di libertà di testare trova un limite nelle ipotesi di impossibilità e illiceità della condizione apposta;
2. in ossequio al favor testamenti, l'art. 634 c.c. prevede che la condizione illecita o impossibile si consideri non apposta;
3. sebbene l'art. 636 c.c. preveda l'illiceità della condizione che vieta le prime nozze o le ulteriori, la giurisprudenza di legittimità ha sempre interpretato la norma restrittivamente;
4. di conseguenza, solo il divieto assoluto di nozze è considerato limitativo della libertà del soggetto, che non risulta invece coartata nel caso in cui "la condizione non sia dettata dal fine di impedire le nozze, ma preveda per l'istituito un trattamento più favorevole in caso di mancato matrimonio, e, senza per ciò influire sulle relative decisioni, abbia di mira di provvedere, nel modo più adeguato, alle esigenze dell'istituito, connesse ad una scelta di vita che lo privi degli aiuti materiali e morali di cui avrebbe potuto godere con il matrimonio" (Cass., sent. n. 2122 del 1992);
5. "nella medesima prospettiva, è stata considerata lecita la condizione che lasci un ampio margine di scelta all'istituito, in modo da non porre a suo carico una limitazione psichica intollerabile, e si è esclusa tale intollerabilità nella ipotesi della condizione, apposta dal testatore alle attribuzioni fatte all'erede, di non contrarre matrimonio con persona determinata, o quella di contrarre matrimonio (v. Cass., sent. n. 150 del 1985), ovvero di contrario con persona appartenente alla stessa classe sociale dell'istituito (v. Cass., sent. n. 102 del 1986)";
6. tuttavia, l'illiceità della condizione di contrarre matrimonio non può essere valutata sulla base di elementi soggettivi, come la ricognizione della volontà non coartante del testatore;
7. l'illiceità non deriva da un'interpretazione estensiva dell'art. 636 c.c., ma dall'art. 634 c.c.;
8. detta condizione, infatti, a prescindere dalle intenzioni del de cuius, si pone "in contrasto con norme imperative e con l'ordine pubblico poichè limita la libertà dell'individuo in merito alle fondamentali scelte di vita, in cui si esplica la sua personalità ai sensi dell'art. 2 Cost.";
9. la norma costituzionale, infatti, trova diretta applicazione ai rapporti tra privati quando riguarda i diritti fondamentali della persona.
La posizione, dunque, è categorica: se non ha alcun rilievo l'intenzione del testatore, non vi è più alcuno spazio di ammissibilità. Pertanto, anche se viene lasciato all'istituito il più ampio margine di scelta, la coartazione sussiste poichè "la pur indiretta coartazione della volontà reca, di per sé, vulnus alla dignità dell'individuo, nella misura in cui l'alternativa di fronte alla quale lo colloca la apposizione, da parte del testatore, della condizione testamentaria possa indurlo, con la prospettiva di un vantaggio economico, ad una opzione che limita la libera esplicazione della sua personalità".


2 commenti:

  1. Paolo Maria Dellisanti12 giugno 2010 alle ore 12:03

    A dir poco spettacolare. Firmiamo la petizione per fare di Manu Prascina il nuovo Guardasigilli della Repubblica Italiana!

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