22 novembre 2011

Circolare Agenzia del Territorio 7/2011 in materia di conformità catastale

Con la circolare 18 novembre 2011, n. 7/2011, l’Agenzia del Territorio precisa che la dichiarazione di conformità oggettiva dei dati e delle planimetrie catastali con lo stato di fatto (art. 29, comma 1-bis, prima parte, legge 27 febbraio 1985, n. 52) non possa essere resa allorchè l'atto di trasferimento riguardi immobili iscritti al catasto sulla base di una rendita presunta, in attesa di una definitiva regolarizzazione catastale.
Per queste unità, infatti, "non si procede all'aggiornamento cartografico e non sono redatti i relativi elaborati grafici, venendo così a mancare l'elemento principale di raffronto, cioè la planimetria depositata in catasto".

Documenti:

Circolare Agenzia del Territorio n. 7/2011

Allegato 1

Allegato 2

18 novembre 2011

Osservatorio di Diritto Amministrativo

Come avrete capito, L'Officina del Diritto non ama il diritto amministrativo.
Per questo vi consiglio il blog del mio amico e collega Nicola Dell'Olio, avvocato amministrativista presso lo studio Abbatescianni di Roma.

Lui, il diritto amministrativo, lo sa.

http://osservatoriodidirittoamministrativo.wordpress.com

Vendita del possesso e vendita per possesso

E' POSSIBILE TRASFERIRE IL POSSESSO A PRESCINDERE DAL DIRITTO CUI AFFERISCE?
In proposito, si registrano due tesi:
a. tesi positiva: è ammissibile la vendita del possesso in quanto esso configura un vero e proprio diritto. In ambito notarile, i fautori di questa tesi, pur negando la natura di diritto della situazione possessoria, ne hanno ammesso la trasferibilità mediante un contratto atipico, ammissibile alla luce dell’art. 1322 c.c..
b. tesi negativa prevalente: prevale in dottrina e in giurisprudenza la tesi che nega la trasferibilità del possesso in via autonoma rispetto al diritto cui esso è collegato, in considerazione del fatto che esso altro non è che una situazione giuridica e non già un diritto.
In proposito, la Cass. 9884/1996 ha statuito che “Oggetto di un contratto di compravendita può essere solo il trasferimento della proprietà di una cosa o di un altro diritto; con la conseguenza che detto contratto non può avere ad oggetto il trasferimento del possesso di un immobile in sè e per sè (non collegato, cioè, alla cessazione della proprietà dello stesso) e da esso, ove comunque posto in essere dalle parti, non possono derivare gli effetti dell'accessione del possesso di cui all'art. 1146, comma 2, c.c., in quanto il possesso "unibile" ai sensi di detta norma è esclusivamente quello del precedente titolare del diritto trasferito.”
Secondo Cass. 8528/1996, “Il contratto preliminare con cui le parti si siano obbligate, rispettivamente, ad alienare e ad acquistare la sola situazione possessoria relativa ad un bene immobile è nullo, ai sensi degli art. 1418 e 1325 c.c., per l'impossibilità dell'oggetto, poiché il possesso, in quanto costituente un'attività (1140), necessariamente accompagnata dall'animus possidendi, non è negozialmente trasferibile, salva l'eccezione rappresentata dalla prevista continuazione, per effetto di una fictio legis, del possesso nell'erede (art. 1146, comma 1).”

La questione è stata molto discussa in tema di preliminare con effetti anticipati, nel quale il promittente alienante consegna il bene al promissario acquirente prima che si perfezioni il contratto definitivo (con il quale si ha il trasferimento della proprietà).
In questa ipotesi, ci si chiede quale sia la situazione giuridica in capo al promissario acquirente: cioè se egli sia possessore o detentore.
a. Secondo una parte della dottrina (PROTO), il preliminare con effetti anticipati sarebbe un contratto definitivo con efficacia parzialmente differita e, di conseguenza, un’ipotesi tipica di trasferimento del possesso.
b. La tesi prevalente ritiene che il promissario acquirente sia un detentore, perchè la proprietà "passerà" solo con il definitivo e il possesso non può circolare a prescindere da essa, come sopra si è detto.
La Cass. SS.UU. 7930/2008 ha stabilito che “Nella promessa di vendita, quando viene convenuta la consegna del bene prima della stipula del contratto definitivo, non si verifica un'anticipazione degli effetti traslativi, in quanto la disponibilità conseguita dal promissario acquirente si fonda sull'esistenza di un contratto di comodato funzionalmente collegato al contratto preliminare, produttivo di effetti meramente obbligatori. Pertanto la relazione con la cosa, da parte del promissario acquirente, è qualificabile esclusivamente come detenzione qualificata e non come possesso utile "ad usucapionem", salvo la dimostrazione di un'intervenuta "interversio possessionis”.

LA VENDITA PER POSSESSO
Per quanto connessa - per certi versi - alla vendita del possesso, la vendita del possesso è una fattispecie completamente diversa che si configura allorchè si proceda alla vendita di un bene oggetto di usucapione non accertata giudizialmente.
In proposito, si registra una controversia dottrinale, alimentata da un susseguirsi di pronunce di merito e di legittimità, che verte essenzialmente attorno a queste ricostruzioni:
a. secondo una prima tesi, il trasferimento in questione non è ammissibile dal momento che, in assenza di una pronuncia giudiziale, gli effetti del possesso protratto nel tempo non danno ancora luogo  ad un diritto e, come sopra visto, il possesso non è trasferibile autonomamente;
b. secondo la tesi che prevale, il trasferimento è valido dal momento che la vendita del possesso è cosa diversa rispetto al trasferimento di immobile usucapito in mancanza di una sentenza.
Infatti, a voler ammettere la prima tesi, si giungerebbe a sottoporre l’acquisto per usucapione ad una condizione (la sentenza) che la legge non menziona.
L’acquisto per usucapione, invece, è un acquisto a titolo originario che si realizza in capo al possessore ipso iure (BIANCA), pertanto egli è proprietario anche in mancanza della sentenza, che avrà mero valore dichiarativo e di accertamento, e può validamente disporre del bene così acquistato a domino.
In proposito, la Cass. 2485/2007 ha sancito la validità del contratto di compravendita di un immobile usucapito in mancanza della sentenza e la correttezza professionale del notaio rogante, ove emerga dall’atto che egli abbia reso edotte le parti della circostanza e degli eventuali rischi connessi .

Nella pratica, sebbene si tratti di atto certamente valido e non rischioso per il notaio alla luce dell’art. 28 L. Not., i professionisti sembrano preferire, ove ciò sia possibile, che l’atto sia stipulato dopo la sentenza, la quale fa stato tra le parti, i loro eredi ed aventi causa. Non determina la stessa sicurezza un negozio di accertamento, in quanto la sua trascrizione ha efficacia di semplice pubblicità-notizia. In ogni caso, si rischia – seppur validamente – di rendere insicura la circolazione del bene.

Per quanto concerne i riflessi di quanto detto sull’attività notarile, alla luce delle recenti normative in tema di allineamento catastale, PETRELLI così si esprime:
È possibile che un titolo legale manchi, per diverse ragioni. La più frequente è quella dell’usucapione, la quale, notoriamente, opera di diritto, a prescindere dall’eventuale declaratoria con sentenza, che ha comunque natura di sentenza dichiarativa. D’altra parte, l’usucapione dà luogo ad un acquisto a titolo originario, che prevale pacificamente su eventuali concorrenti acquisti a titolo derivativo dall’originario titolare del diritto, e ciò a prescindere dalla trascrizione (essendo quella prescritta dall’art. 2651 una trascrizione con effetto di mera pubblicità notizia). La Relazione al codice civile ha chiarito in modo adeguato come non si sia voluto imporre all’usucapiente l’onere del previo accertamento giudiziale del proprio diritto, in considerazione del ruolo sistemico che l’usucapione svolge nel vigente ordinamento italiano, consentendo di rimediare ai problemi a cui dà luogo l’imperfezione del sistema pubblicitario. Tutto ciò, in definitiva, depone per l’inapplicabilità del secondo periodo del comma 1-bis ai casi in cui la conformità ivi contemplata non sussista per il fatto che la provenienza è rappresentata da una usucapione non dichiarata con sentenza (fattispecie, questa, che è comunque da ritenersi eccezionale e marginale, e che è dovere del notaio sconsigliare al di fuori di casi del tutto particolari). In questi casi è necessario che dall’atto risulti la mancanza del “titolo legale”, la quale giustifica l’inapplicabilità della disciplina in commento. In questi ultimi casi, è evidentemente impossibile "preallineare", se non esiste alcun titolo legale da trascrivere e volturare, né può ritenersi possibile che una norma avente uno scopo fiscale possa limitare l'autonomia privata, impedendo la stipula di tali atti. Deve, pertanto, ritenersi che in questi casi l'atto possa essere stipulato, dando semplicemente conto nel medesimo del disallineamento dipendente dall'assenza di titoli legali. L’obiettivo limitato della norma in commento (quello fiscale, come più volte ripetuto) non è certamente sufficiente a stravolgere l’intero sistema civilistico degli acquisti a non domino, e va recisamente escluso che questo possa essere il significato della novella.”

Anche la circolare del Consiglio Nazionale del Notariato del 28 giugno 2010 qualifica la fattispecie come ipotesi fisiologica di non allineamento:
Vi sono, tuttavia, delle fattispecie in cui v’è una “non conformità” “fisiologica” tra i due registri: b) In altri casi, il mancato aggiornamento delle banche dati può derivare da ragioni di carattere sistematico come avviene per le ipotesi di acquisti per i quali è irrilevante la pubblicità immobiliare e che prescindono dalla precedente titolarità (es. acquisto per usucapione non accertato giudizialmente, fattispecie della quale molto si discute; o, ancora, il caso del titolo di provenienza del disponente irreperibile o di ardua reperibilità perché risalente nel tempo). Poiché per tali vicende, caratterizzate dal fatto che la titolarità del diritto e la legittimazione a disporre si collegano ad un acquisto a titolo originario o, comunque, ad un titolo di provenienza irreperibile o di difficile reperibilità, la pubblicità immobiliare – intesa come meccanismo destinato a risolvere i conflitti tra più aventi causa da un medesimo autore - non giocherà alcun ruolo e quindi la finalità dell’aggiornamento soggettivo non potrà essere realizzata nei termini previsti dalla norma rispetto al disponente. Con riferimento a queste ipotesi di non conformità tra i due registri, il notaio non può evidentemente allineare l’intestazione catastale a quella risultante nei registri immobiliari, ma è opportuno che faccia risultare dall’atto le ragioni del mancato allineamento. Qualora peraltro la fattispecie acquisitiva non sia suscettibile di trascrizione ma solo di volturazione catastale, e quest’ultima risulti mancante, il notaio “prima della stipula dell’atto” dovrà egli stesso provvedervi sulla base del titolo di provenienza rinvenuto.

17 novembre 2011

Comunione ordinaria o comunione legale?

Dopo mesi trascorsi a digerire la differenza tra comunione ordinaria e comunione legale, mi imbatto nella massima a Cassazione, sez. I, 23 luglio 2010, n. 17348 su Notariato 2011, I, pagg. 9-10:
"Anche se gli atti di disposizione di titoli di credito che ricadono nella comunione legale tra coniugi risultano, ai sensi dell'art. 184 c.c., comma 3, validi ed efficaci, quantunque effettuati da uno soltanto dei coniugi, tuttavia, la norma non apporta deroghe alla disciplina generale della comproprietà che è destinata a disciplinare la fattispecie nel caso di acquisto comune, vigendo per tale ipotesi la regola generale in tema di comunione, secondo la quale ciascuno può disporre del bene comune non più che per la sua parte, ancorchè indivisa e l'altra, secondo la quale nessuno può disporre di diritti altrui se non in forza di un titolo abilitativo proveniente dal titolare."

Ora, partendo dal presupposto della mia ignoranza giuridica, tra le poche regole in tema di comunione legale che davo per scontate ed incontrovertibili c'era quella sintetizzata in un'altra massima (Cass. 14093/2010): "La comunione legale dei beni tra i coniugi, a differenza di quella ordinaria, è una comunione senza quote, nella quale i coniugi sono solidalmente titolari di un diritto avente per oggetto i beni di essa e rispetto alla quale non è ammessa la partecipazione di estranei. Nei rapporti con i terzi ciascun coniuge, mentre non ha diritto di disporre della propria quota, può tuttavia disporre dell'intero bene comune, ponendosi il consenso dell'altro coniuge (richiesto dal comma 2 dell'art. 180 c.c. per gli atti di straordinaria amministrazione) come un negozio unilaterale autorizzativo che rimuove un limite all'esercizio del potere dispositivo sul bene; ...."

Presa dall'ansia, suggerisco a me stessa di leggere la motivazione per intero, ma JurisData misteriosamente non ha indicizzato la sentenza.

Io ci penso un altro po', prima di inveire - come al solito - contro il regime patrimoniale legale della famiglia.

Magari mi arriva una spiegazione illuminante da qualche lettore compassionevole.

7 novembre 2011

Gli illeciti amministrativi e penali in materia tributaria

L'avvocato Davide Galasso, collega e compagno di università, ha di recente pubblicato con Giappichelli questo interessante saggio sugli illeciti amministrativi e penali in materia tributaria.

Di seguito una breve introduzione all'opera.  Sulla preparazione dell'autore non abbiate dubbi!

"L’idea ispiratrice della presente opera è stata fondamentalmente quella di offrire – in un unico volume – un quadro del pensiero giuridico sistematico elaborato tanto attorno al d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74 (relativo ai reati tributari) quanto attorno alla materia degli illeciti amministrativi tributari. A tal fine, è stata accordata preminenza all’analisi dei profili generali degli istituti ed alle opinioni dottrinali rispetto al materiale casistico e giurisprudenziale, tanto di merito quanto di legittimità, pur largamente presente. Si è quindi cercato di soddisfare l’esigenza di dare un quadro organico dell’esperienza e del pensiero giurisprudenziale, ponendo in evidenza i “precedenti” più rilevanti, e cercando di fornire una rappresentazione essenziale, ma allo stesso tempo completa, del c.d. jus quo utimur. A riprova della crescente importanza della casistica giudiziale, vi sono le sempre più ampie analisi e riflessioni della dottrina, anch’esse riportate nel testo. Venendo ai contenuti ed alle modalità di realizzazione del volume, quest’ultimo è diviso in due parti. La prima tratta della disciplina dei reati tributari, profondamente riformata a seguito dell’entrata in vigore del citato d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74; la seconda è incentrata sull’analisi delle tematiche di maggior interesse ed attualità afferenti il sistema delle sanzioni amministrative tributarie, anch’esso radicalmente mutato a seguito dell’attuazione dei principi e dei criteri direttivi di cui alla legge delega 23 dicembre 1996, n. 662. Più specificamente, con riguardo alla prima parte, tutto il materiale degli orientamenti riportati è distribuito articolo per articolo, e poi suddiviso, all’interno di ciascuna ripartizione così ottenuta, in paragrafi, che si susseguono secondo un ordine logico fondato sulla struttura del singolo reato in commento. Analogo ordine si è cercato di osservare, nell’ambito di ogni paragrafo, con riguardo alla sequenza delle massime, degli orientamenti dottrinali e della prassi dell’Amministrazione finanziaria, cosicché il loro dettato, letto di seguito, si atteggia spesso come un’esposizione continua, organica e sistematica. Naturalmente, si è operato in modo da tener conto, in ogni caso, degli orientamenti confliggenti con l’indirizzo dominante o con quello più recente. A tal proposito, si è espressamente scelto di far riferimento pure alla giurisprudenza di merito, ogni qualvolta la medesima appariva espressione di orientamenti particolarmente meritevoli di attenzione, a prescindere dall’eco che essi avessero avuto o meno in sede di legittimità. Con riferimento alla seconda parte, questa è caratterizzata da una stretta complementarietà e contemporaneamente da completa, reciproca autonomia con la parte relativa alla materia penale tributaria. Si è così scelto di dare un inquadramento sistematico della disciplina, seguito dalla trattazione del complesso delle norme concernenti le sanzioni amministrative tributarie, tanto in relazione alle regole generali (d.lgs. 18 dicembre 1997, n. 472) quanto con riguardo alle singole ipotesi di violazioni in tema di imposte sui redditi e/o sul valore aggiunto. Chiude l’analisi testé esposta la disciplina delle misure cautelari amministrative tributarie. Completano altresì il volume, sul piano eminentemente pratico, un formulario (sia penale che amministrativo tributario), una serie di schede riassuntive (le quali tratteggiano le principali caratteristiche dei singoli istituti), la bibliografia, l’indice analitico e quello della giurisprudenza. Non mi resta che esprimere l’auspicio che quest’opera possa porsi quale valido strumento – di studio e di lavoro – per tutti gli operatori del diritto penale ed amministrativo tributario, fornendo al lettore, che ne sia a diversi fini interessato, un quadro sufficientemente chiaro, completo ed aggiornato di questa complessa – ed al tempo stesso affascinante – branca dell’ordinamento giuridico".  

http://www.giappichelli.it/home/978-88-7524-197-1,7524197.asp1

15 ottobre 2011

CONVENZIONI PRE-MATRIMONIALI E PATTI DI CONVIVENZA: LE PROPOSTE DEL NOTARIATO

Comunicato stampa dal sito internet www.notariato.it

Torino, 14 ottobre 2011- Il Consiglio Nazionale del Notariato ha presentato oggi quattro proposte di legge in materia di contratti, famiglia e successioni. Si tratta di progetti tecnici per l’introduzione nell’ordinamento giuridico italiano dei patti di convivenza, delle convenzioni prematrimoniali, della riforma dei patti successori rinunciativi e dei diritti riservati ai legittimari. “Il notariato è disponibile a contribuire ad adeguare la struttura e l’ordinamento dello Stato ad una realtà in continua e rapida evoluzione”, ha spiegato Giancarlo Laurini, Presidente del Consiglio Nazionale del Notariato, “elaborando proposte che possano sostenere scelte politiche al passo con l’Europa. Si tratta di un supporto giuridico ad una risposta equilibrata all’accentuato pluralismo etico che caratterizza la nostra epoca, ponendolo come punto di possibile incontro tra le diverse esigenze, che, può essere condiviso indipendentemente dal credo politico, etico e religioso”. In particolare, esse prevedono l’introduzione anche nel nostro ordinamento delle convenzioni pre-matrimoniali, per l’eventualità di separazione personale o di divorzio prevenendo la difficoltà delle negoziazioni quando il matrimonio è entrato in crisi, del “Patto di convivenza” PAC, col quale non si intende assolutamente istituzionalizzare un rapporto personale (motivo per il quale non si è utilizzata la denominazione “unione civile”, “di fatto” o “solidale”), ma semplicemente regolare diritti e obblighi di carattere patrimoniale. Di qui l’inserimento nel libro IV del codice civile dedicato alle obbligazioni e ai contratti e non nel 1°, dedicato alle persone e alla famiglia. I PAC consentirebbero di dare una disciplina contrattuale per i cittadini che manifestino formalmente la volontà di “vivere insieme”, secondo un concetto che non corrisponde necessariamente a quello di “unione”, che prescinde dal tipo di legame affettivo dei contraenti e che tiene conto di quanto presentato in Parlamento nelle ultime legislature e delle norme speciali, che già in qualche modo riconoscono il legame di stabile convivenza extra-familiare. Le altre due proposte di legge riguardano la materia successoria con la riforma dei patti successori rinunciativi e dei diritti riservati ai legittimari, dirette ad attenuare gli effetti dell’azione di riduzione nei confronti dei terzi e il divieto dei patti successori, per adeguare la giusta tutela dei diritti dei legittimari alla mutata realtà della società del nostro tempo, espressione di una concezione dei rapporti familiari che oggi non è più quella su cui venne costruito il Codice del 1942.L’adeguamento potrebbe produrre benefici effetti sulla dinamica del mercato immobiliare e del credito, oggi ostacolati dagli eccessivi vincoli alla proprietà di provenienza successoria o ad essa riconducibile.

20 settembre 2011

Nuovi orientamenti del Triveneto

Copio e incollo dal sito www.notaitriveneto.it
"La Commissione Società del Comitato Triveneto ha presentato i nuovi Orientamenti in materia societaria, con i quali vengono affrontati, come di consueto, temi di particolare rilievo pratico, con l'importante novità che tutti gli Orientamenti elaborati nell'anno ed in prospettiva anche tutti quelli sin qui prodotti sono e saranno dotati di motivazione.
Fra gli Orientamenti di quest'anno si segnala, in particolare, l'Orientamento J.A.20 che ritiene legittima da parte di una S.R.L. in liquidazione la deliberazione di riduzione del capitale sociale per perdite anche se parziale rispetto alle perdite accertate, non trovando applicazione la disciplina legale prevista dagli articoli 2482 bis e 2482 ter C.C., la quale presuppone che la società non si trovi in stato di scioglimento. L'Orientamento legittima una prassi ??\" in tal senso da ultimo Tribunale Milano 17 ottobre 2007 ??\" per cui, pendente la liquidazione, il capitale sociale non è soggetto alla disciplina vigente a garanzia della sua effettività, la quale è tipica della fase di attività ordinaria della società e la cui inosservanza costituisce proprio causa di scioglimento della società stessa, con conseguente ammissibilità di una riduzione parziale del capitale al di fuori delle regole poste dagli artt. 2482 bis e ter C.C. nel rispetto dell'art. 2488 e, pertanto, in funzione della riduzione degli oneri della procedura di liquidazione (fra cui lo snellimento della struttura societaria con possibile eliminazione del Collegio Sindacale).
Notevole rilevanza pratica hanno anche i nuovi Orientamenti in tema di Collegio Sindacale nella S.R.L. (I.D.5 ??\" I.D.12) i quali affrontano i problemi applicativi derivanti dalla modifica dell'art. 2477 C.C.. Negli stessi si ritiene che il Legislatore abbia dettato una regola unitaria per tutte le ipotesi di sopravvenienza dell'obbligo di nomina del collegio sindacale, siano esse quelle previste dal comma 2 (capitale sociale pari a quello della S.P.A.), ovvero le restanti previste dal comma 3 del medesimo. Pertanto, anche in caso di aumento del capitale sociale, gratuito o a pagamento integralmente sottoscritto nel corso dell'assemblea, non sarà necessario procedere alla contestuale nomina del collegio sindacale, dovendo provvedervi l'assemblea entro trenta giorni dall'approvazione del bilancio relativo all'esercizio in cui si verificano i presupposti di tale nomina. Con l'ulteriore corollario (Orientamento I.D.12) che l'assemblea che approva il bilancio sarà legittimata a deliberare in ordine alla nomina del Collegio Sindacale anche se non espressamente indicato nell'ordine del giorno.
Da segnalare, pure, il nuovo Orientamento H.A.13 in tema di conferimenti in S.P.A. con la procedura di cui agli articoli 2343 ter ss. C.C.; detto orientamento dà una soluzione al problema pratico della utilizzabilità a tali fini di perizie redatte per altri scopi, optando per la soluzione positiva ma prevedendo che in tali ipotesi tale utilizzo debba essere espressamente consentito dall'esperto, in considerazione della responsabilità che coinvolge il medesimo ai sensi dell'art. 2343 ter, ultimo comma, C.C., e ciò al fine di evitare abusi nella procedura.
Allegato alla presente il file contenente i nuovi orientamenti nonché i precedenti che hanno formato oggetto di modifica, con la precisazione che gli stessi sono privi di motivazione per motivi di diritti editoriali.
Nella sezione download è possibile scaricare il testo integrale e coordinato degli orientamenti, sempre privi di motivazione per ragioni di diritti editoriali".

Il file pdf completo con tutti gli orientamenti del Triveneto aggiornati è visibile qui.

Novità in tema di cessione di cubatura

Tra le chiavi di ricerca più gettonate dell'ultimo mese compare "cessione di cubatura 2011". Chiedo venia ai miei lettori, ma tra vacanze, gazzette ufficiali e studio ho un po' abbandonato questo spazio virtuale.
Premesso che ho già parlato qui della questione, vi riporto le recenti novità sul tema introdotte dal decreto cd. Sviluppo (D.L. 13 maggio 2011, n. 70 entrato in vigore il 14 maggio 2011) così come segnalate dal Centro Studi del Consiglio Nazionale del Notariato:
L'art. 5 comma 9 ha stabilito, in materia di "Diritti edificatori e trascrivibilità dei relativi contratti", che le Regioni approvino- entro sessanta giorni dall'entrata in vigore del D.L. n. 70/2011 - specifiche leggi per incentivare la razionalizzazione del patrimonio edilizio esistente, la riqualificazione di aree urbane degradate, suscettibili di più impieghi o a destinazione non residenziale, dismessi o da rilocalizzare, o anche favorire lo sviluppo dell'efficienza energetica e delle fonti rinnovabili.
A tale fine la legislazione regionale potrà stabilire interventi (anche di demolizione e ricostruzione) che prevedano:
a) il riconoscimento di una volumetria aggiuntiva rispetto a quella preesistente come misura premiale;
b) la delocalizzazione delle relative volumetrie in area o aree diverse;
c) l'ammissibilità delle modifiche di destinazione d'uso, purché si tratti di destinazioni tra loro compatibili o complementari;
d) le modifiche della sagoma necessarie per l'armonizzazione architettonica con gli organismi edilizi esistenti.
Gli interventi di cui al comma 9 non possono riferirsi ad edifici abusivi o siti nei centri storici o in aree ad inedificabilità assoluta, con esclusione degli edifici per i quali sia stato rilasciato il titolo abilitativo edilizio in sanatoria
Decorso il termine di 120 giorni dall'entrata in vigore del D.L. n. 70/2011 , le disposizioni in esame sono immediatamente applicabili alle Regioni a statuto ordinario che non hanno provveduto all'approvazione delle specifiche leggi regionali.
In particolare, il comma 3 dello stesso art. 5 ha novellato l'art. 2643 c.c., introducendo il n. 2 bis, con la previsione della trascrivibilità dei negozi aventi ad oggetto la cubatura edificatoria, al fine di "garantire la certezza nella circolazione dei diritti edificatori".
Si vedano in proposito:

19 settembre 2011

Il diritto di abitazione del coniuge superstite

1. CARATTERI
L’art. 540, II co., c.c. riserva al coniuge del defunto, anche ove concorra con altri chiamati, il diritto di abitazione sulla casa adibita a residenza familiare e di uso sui mobili che la corredano, se di proprietà del defunto o comuni. Tale attribuzione grava sulla disponibile e, ove questa non sia sufficiente, sulla quota di riserva del coniuge e, nell’eventualità, su quella riservata ai figli.


2. IL DIRITTO DI COMUNIONE DEL CONIUGE IN CASO DI COMPROPRIETA' DELL'IMMOBILE CON TERZI
Nel caso in cui l’immobile adibito a residenza della famiglia sia in comproprietà con terzi, si discute circa le sorti dei diritti che l’art. 540 c.c. riconosce al coniuge superstite.




3. I DIRITTI DI ABITAZIONE DEL CONIUGE E L'IPOTECA

Nel caso illustrato, è sorto un conflitto tra il coniuge superstite e la banca creditrice ipotecaria del figlio del de cuius. Tizia si era opposta alla procedura di espropriazione azionata dalla banca, sostenendo che i diritti di cui al 540, II co, c.c., sorti in suo favore alla morte del marito Tizio, prevalessero sull’ipoteca in favore della banca.
Il giudice di merito aveva risolto la questione in favore di Tizia, argomentando come segue:
1. il conflitto tra coniuge superstite e creditore ipotecario deve essere risolto come se entrambi avessero acquistato da un comune autore;
2. di conseguenza, trovano applicazione le regole sulla priorità della trascrizione;
3. tale soluzione trova conferma nel 2812; I co., c.c. che ritiene non opponibili al creditore ipotecario i diritti di abitazione costituiti sul bene e trascritti successivamente all’iscrizione ipotecaria;
4. alla luce di ciò, il conflitto non può essere risolto in base alla regola degli acquisti dall’erede apparente (534), in quanto il debitore che ha concesso ipoteca è vero erede.
La Cassazione, investita della questione, ha così motivato la soluzione:
1. l’erede acquista il diritto di proprietà sulla casa già gravato dai diritti del 540, II co., c.c.;
2. non si tratta di acquisto da comune autore, in quanto il coniuge legatario ex lege acquista mortis causa direttamente dal de cuius, mentre la banca creditrice acquista per atto tra vivi dall’erede debitore;
3. il conflitto, pertanto, non può essere risolto alla luce della regola della priorità della trascrizione, proprio perché manca l’acquisto dal comune autore;
4. di conseguenza, le norme in tema di trascrizione rilevano ai soli fini della continuità delle trascrizioni e non della soluzione di eventuali conflitti tra gli aventi causa. Analogamente, il 2812 non può operare in quanto anch’esso presuppone l’acquisto dal comune autore;
5. trova applicazione, al contrario, la disciplina degli acquisti dall’erede apparente dal momento che, nel caso di specie, il debitore Tizietto è sì erede, ma non della piena proprietà, in quanto l’immobile acquistato è gravato dai diritti del 540 in favore del coniuge del de cuius, che sorgono automaticamente, quand’anche il de cuius avesse disposto dell’intera proprietà dell’immobile. Pertanto, concedendo ipoteca sulla piena proprietà, l’erede ha disposto di beni estranei alla quota ereditaria pervenutagli.


4. I DIRITTI DEL 540 TRA SUCCESSIONE NECESSARIA E SUCESSIONE LEGITTIMA
Come visto sinora, la disciplina del 540 riguarda la sola successione necessaria. Sebbene si sia a lungo discusso circa la composizione della quota di riserva del coniuge, dottrina e giurisprudenza sembrano oggi concordi nel ritenere che i diritti di uso e di abitazione costituiscano un’aggiunta qualitativa e quantitativa alla quota di legittima spettante al coniuge superstite.

Se il “ruolo” dei legati ex lege del 540 è abbastanza condiviso nell’ambito della successione necessaria, lo stesso non si può dire nell’ipotesi della successione legittima. In sostanza, ci si chiede se, nel calcolo della quota spettante al coniuge ove il de cuius muoia ab intestato, debbano essere compresi o meno il diritto di uso e di abitazione in questione con le stesse modalità viste per la successione necessaria.
In proposito, la Cassazione (Cass. 4329/2000) ha ritenuto, in un primo momento, che essi spettino al coniuge anche nel caso in cui si apra la successione legittima, ma non in aggiunta alla quota calcolata ai sensi degli artt. 581 e 582 c.c.. Questo perché la quota intestata non può essere inferiore a quella spettante per successione necessaria, ma è vero anche che, in assenza di una espressa previsione nella disciplina della successione legittima, essi non possono che essere ricompresi nella porzione assegnata.
Successivamente (Cass. 11018/2008) ha invece sostenuto che nella quota intestata non sono compresi i legati i quali, pertanto, si aggiungono ad essa come nella successione necessaria.


5. DEROGABILITA' DEI DIRITTI DEL 540 (da una lezione del notaio Carlo Carbone presso la Scuola Notarile Napoletana - ottobre 2010)
Il fatto che i diritti del 540 concorrano a determinare la quota necessariamente spettante al coniuge ha indotto alcuni autori ad interrogarsi circa la possibilità di soddisfare il coniuge mediante un legato in sostituzione di legittima o una datio in solutum testamentaria. La risposta al quesito dipende dalla struttura e dalla funzione che si attribuisce a questi diritti.

Dalla funzione espressa, emerge che i diritti sulla casa familiare non hanno un carattere ineliminabile e pertanto sarà possibile attribuire al coniuge un legato alla condizione sospensiva della rinuncia ai diritti del 540, perché è indiscutibile che dopo l’apertura della successione si possa rinunciare a questi diritti, in quanto aventi contenuto patrimoniale. Non sarà invece possibile sostituirli con un legato in sostituzione di legittima in quanto non costituiscono riserva e vengono attribuiti automaticamente.


6. TRASCRIVIBILITA' DEL DIRITTO DI ABITAZIONE DEL CONIUGE
In dottrina si è posto il problema della trascrivibilità del diritto di abitazione in mancanza di un titolo testamentario:
- poiché l’art. 2648 parla di trascrizione del legato e non di legato ex lege, l’acquisto in questione non sarebbe trascrivibile (GAZZONI);
- la norma può essere estesa ad ogni forma di acquisto mortis causa, pertanto è ammissibile la trascrizione.
Aderendo a quest’ultima tesi, si discute circa il titolo in virtù del quale adempiere alla formalità pubblicitaria:
- sentenza di accertamento (PUGLIATTI);
- atto notorio (MESSINEO);
- certificato di denunciata successione (FERRI);
- certificato di morte e nota di trascrizione recante il vincolo di coniugio con il de cuius (GABRIELLI);
- atto di accettazione espressa del legato ex lege (NICOLO’).

11 aprile 2011

Effetti della cancellazione della società dal registro delle imprese

Effetti della cancellazione della società dal registro delle imprese

Lo schema che propongo oggi, nato da mere esigenze di memorizzazione della sottoscritta, riguarda un tema che mi è molto caro (per ragioni inspiegabili): la possibilità di estendere l'art. 2495 c.c. anche alle società di persone e la natura degli effetti della cancellazione di una società dal registro delle imprese.


1. Situazione anteriore alla riforma del diritto societario:
- la cancellazione dal registro delle imprese di una società, sia essa di persone o di capitali, produce effetti di mera pubblicità dichiarativa;
- l’estinzione si realizza solo con la completa definizione dei rapporti giuridici pendenti;
- fino all’estinzione della società, malgrado la cancellazione, essa conserva la legittimazione processuale per la definizione dei rapporti giuridici pendenti;
- poiché la cancellazione ha efficacia dichiarativa, viene meno la opponibilità delle vicende societarie ai terzi, sebbene la società conservi una limitata soggettività giuridica;
- i creditori possono chiedere l’assoggettamento della società alla procedura fallimentare anche dopo il decorso di un anno dalla formalità della cancellazione, in quanto la società continua ad esistere;
- dopo la definitiva estinzione della società, i creditori possono rivalersi sui soci.
2. Intervento della Corte Costituzionale con la sentenza 319/2000:
- l’interpretazione della norma sugli effetti della pubblicità della cancellazione delle società determina disparità di trattamento tra impresa individuale e impresa collettiva, in quanto per l’imprenditore persona fisica il termine di un anno per la dichiarazione di fallimento decorre dalla cancellazione, mentre per le società dalla loro estinzione;
- la Corte, pur non chiarendo la natura giuridica della cancellazione, afferma che, per i soggetti operanti in forma societaria, la qualifica di impresa – e la relativa soggettività - viene meno con la cancellazione dal registro delle imprese e solo da questa data può decorrere il termine per la dichiarazione di fallimento.
3. Riforma del diritto societario:
- l’art. 2495 c.c., novellato dalla riforma, prevede, per le società di capitali, che la cancellazione dal registro delle imprese determini l’estinzione della società con effetti costitutivi (in simmetria con il carattere costitutivo dell’iscrizione) e la prosecuzione dei rapporti pendenti nei confronti dei soci;
- si discute, tuttavia, se la norma trovi applicazione anche alle cancellazioni intervenute prima dell’entrata in vigore della disciplina e se l’effetto estintivo, per le fattispecie anteriori, si produca comunque dalla data della cancellazione o dall’entrata in vigore del testo riformato;
- si discute, altresì, se la norma riguardi esclusivamente le società di capitali o se esprima un principio generale suscettibile di estensione alle società di persone commerciali.
4. Cass. SS.UU. 4062/2010:
- l’art. 2312, dettato per le snc, prevedendo che i creditori insoddisfatti possano agire contro i soci, lascia presupporre che la società cancellata sia di conseguenza estinta
- l’art. 2495 è norma innovativa e ultrattiva che stabilisce (anche per le cancellazioni intervenute prima della riforma, ma a far data dall’entrata in vigore della stessa), efficacia costitutiva della cancellazione della società dal registro delle imprese;
- per le società di persone si esclude l’efficacia costitutiva della cancellazione, in mancanza di un corrispondente effetto per l’iscrizione, tuttavia si presume, dall’entrata in vigore della novella, che la società cancellata si estingua con efficacia dichiarativa opponibile ai creditori

11 marzo 2011

Riserva di usufrutto, riserva per sè e dopo di sè, usufrutto successivo e patto di accrescimento negli atti inter vivos

In questo post propongo la sintesi di una conversazione via Skype avuta con il mio compagno di studi. Abbiamo cercato di fare il punto su alcune applicazioni pratiche del diritto di usufrutto, in parallelo tra donazioni e altri atti traslativi inter vivos. Per chi volesse approfondire, consiglio di partire dagli Atti di diritto civile della collana Percorsi Giuffrè. Ultimamente, i più grandi dilemmi della nostra vita di aspiranti vengono da quelle pagine.


Riserva di usufrutto
Tra le modalità di costituzione di usufrutto (per legge, per atto inter vivos, per testamento, acquisto per usucapione) particolare rilievo assume la cd. riserva.
Es. Tizio vende a Caio la nuda proprietà del fabbricato A, e se ne riserva l’usufrutto vitalizio.
La legge, all’art. 1002, co. III, c.c., contempla espressamente sia la vendita che la donazione con riserva di usufrutto.
Oggetto di discussione, in dottrina e in giurisprudenza, è la natura giuridica della riserva.
- Teoria del doppio negozio di Biondi: poiché la proprietà è costituita da un fascio di diritti infrazionabili, la riserva è possibile solo ponendo in essere due negozi contemporanei, autonomi e collegati: con il primo, un soggetto trasferisce ad un altro soggetto la piena proprietà del bene; con il secondo, contestualmente, l’avente causa costituisce l’usufrutto in capo al suo dante causa.
- Teoria dell’unico negozio con due vicende di diritti reali di Torrente: poiché la proprietà, per la sua elasticità, è suscettibile di smembramento, è possibile realizzare la riserva con un unico negozio traslativo e, al contempo, costitutivo del diritto di usufrutto.

Riserva per sé e dopo di sé
Figura particolare di riserva è la cd. riserva per sé e dopo di sé, con la quale il trasferente trasferisce la nuda proprietà ad un soggetto, riservando a sé l’usufrutto e, dopo di sé, ad una o più persone. Questa particolare fattispecie è contemplata dalla legge solo in materia di donazione, all’art. 796 c.c., in cui si legge che “E’ permesso al donante di riservare l’usufrutto dei beni donati a proprio vantaggio, e dopo di lui a vantaggio di un’altra persona o anche di più persone, ma non successivamente”. L’ultimo inciso della norma suggerisce all’interprete il confronto della fattispecie in questione con il divieto di usufrutto successivo previsto in ambito successorio all’art. 698 c.c. (su cui si tornerà in seguito). Alcuni commentatori hanno ritenuto, infatti, l’istituto della riserva per sé e dopo di sé costituirebbe una eccezionale deroga al generale divieto di usufrutto successivo, in quanto la legge consente che l’usufrutto non si consolidi con la nuda proprietà dopo la morte del primo riservatario, ma continui a favore dei successivi.
In realtà, si deve ritenere che questa norma altro non sia che un’ulteriore conferma del divieto sancito in materia successoria, perché anche in questa particolare riserva il momento temporale da considerare è quello del disponente, senza che si realizzi alcun tipo di successione.
Quanto alla natura giuridica della riserva per sé e dopo di sé, due sono le principali ricostruzioni:
1. Contratto a favore di terzo: il donante trasferisce la nuda proprietà al donatario, il quale assume l’obbligazione di costituire, alla morte del donante, l’usufrutto in capo al terzo individuato.
2. Due donazioni dirette: il donante dona la nuda proprietà al donatario e contestualmente dona l’usufrutto, a termine iniziale della propria morte, ad una terza persona (purchè quest’ultima sopravviva al donante- condizione sospensiva della premorienza del donante).
L’istituto della riserva per sé e dopo di sé è espressamente contemplato per la sola donazione, pertanto la dottrina si è chiesta se questa modalità di costituzione dell’usufrutto possa essere applicata anche ad altri atti traslativi, sia gratuiti che onerosi, e in particolare alla compravendita.
1. Interpretando estensivamente la norma in tema di donazione, la riserva di usufrutto per sé e dopo di sé è applicabile ad ogni fattispecie traslativa.
2. Si deve ritenere ammissibile una vendita con riserva per sé e dopo di sé, purchè l’usufrutto a favore del terzo, a termine iniziale della morte del primo riservatario, sia costituito dal nudo proprietario con una espressa giustificazione causale.
3. La fattispecie non è ammissibile perché la norma dettata in tema di donazione è norma eccezionale e, pertanto, di stretta applicazione. Oltretutto, se questa fosse stata la volontà legislativa, la riserva per sé e dopo di sé sarebbe stata prevista nella vendita, contratto paradigmatico per le fattispecie traslative, e non nella donazione.

Usufrutto successivo
Come già anticipato a proposito della riserva per sé e dopo di sé, la legge prevede, all’art. 698 c.c., il divieto di usufrutto successivo, ovvero il divieto di attribuire un diritto di usufrutto a favore di più persone per ciascuna successivamente alla morte dell’altra. Il divieto trova fondamento, al pari dei limiti temporali imposti dalla legge all’usufrutto, nella necessità di evitare un eccessivo distacco temporale tra proprietà e usufrutto e limitare, di conseguenza, la commerciabilità del bene.
Il divieto è contemplato espressamente in materia di legati e di donazione, ma si discute se esso riguardi, in mancanza di un espresso richiamo anche gli altri atti di disposizione inter vivos. Sul punto, si registrano due diversi orientamenti:
1. Secondo una tesi, il divieto avrebbe portata generale a prescindere dall'atto con cui viene posto in essere, in quanto anche negli atti tra vivi non verrebbe meno la ragione economica ad esso sottesa.
2. Secondo altra tesi, sarebbe ammissibile alla luce dei principi di autonomia negoziale.

Usufrutto con diritto di accrescimento
IL diritto di usufrutto può essere costituito anche in favore di più persone, con conseguente applicazione delle norme sulla comunione. In tal caso, ove uno degli usufruttuari muoia, la sua quota si consolida in capo al nudo proprietario di modo che tra quest’ultimo e gli usufruttuari superstiti si realizza una comunione di godimento.
Per evitare il detto consolidamento, è possibile valersi del patto di accrescimento, in virtù del quale il nudo proprietario dispone che l’usufrutto del defunto si accresca in capo agli altri usufruttuari, con la conseguenza che l’intero diritto di usufrutto si estinguerà solo alla morte dell’ultimo titolare.
L’istituto è disciplinato espressamente per il testamento (dove, ricorrendone i presupposti, esso opera automaticamente), per la donazione e per la rendita vitalizia. Nella donazione, l’accrescimento opera solo nell’ipotesi anteriore all’acquisto del diritto, cioè nel caso in cui il donatario non voglia o non possa accettare la proposta; nella rendita, al contrario, è previsto anche successivamente all’acquisto.
Si discute in dottrina se il patto di accrescimento possa operare anche in altre fattispecie inter vivos.
- Tesi negativa: non è possibile estendere il patto di accrescimento a fattispecie non previste perché, nel caso in cui la proposta sia accettata solo da alcuni degli oblati, la maggior quota di diritto che spetterebbe ad essi è determinata solo da una riformulazione della proposta stessa e non dall’accrescimento.
- Tesi positiva: l’accrescimento può operare perché l’attribuzione dell’usufrutto congiuntivo non è una proposta avente ad oggetto più quote, bensì l’intero diritto che, per il numero degli oblati, viene ad essere frazionato. In buona sostanza, quando il pieno proprietario dispone dell’usufrutto, esprime la volontà di disporre dell’intero diritto.
Si deve ritenere, accogliendo la tesi positiva, che il patto di accrescimento operi prima dell’acquisto del diritto, ma non successivamente. Di conseguenza:
- Morte di uno degli oblati prima dell’acquisto o impossibilità/mancanza di volontà di accettare: la sua quota si accresce agli altri.
- Morte di uno degli oblati dopo l’acquisto: la quota non può accrescersi agli altri perché si avrebbe un patto successorio, ma cade in successione perché l’usufrutto terminerà solo con la morte dell’ultimo degli usufruttuari.
Alcuni autori sottolineano la differenza tra rinunzia e morte nell’ipotesi di acquisto non ancora perfezionato. Nel primo caso, si avrebbe accrescimento. Nel caso di morte, cadrebbe comunque in successione il diritto di accettare l’usufrutto.

24 febbraio 2011

La cessione di cubatura

Che cos’è la “cubatura” o volumetria?
La cubatura è il volume edificabile espresso in metri cubi che il Piano Regolatore fissa per ogni terreno in relazione all’estensione dello stesso al fine di garantire uno sviluppo armonico del territorio e la tutela della salute degli individui.

Cosa si intende per cessione di cubatura?
La cessione di cubatura è il contratto con il quale il proprietario di un suolo edificabile “cede” (in realtà non si tratta, secondo la dottrina e la giurisprudenza prevalenti, di un negozio traslativo) in via definitiva al proprietario di altro suolo, in parte o per l’intero, la sua volumetria edificabile di modo che l’acquirente possa beneficiarne, in aggiunta alla propria, nella costruzione di un edificio sul proprio fondo. Il contratto, normalmente oneroso, può essere stipulato anche a titolo gratuito. Alla pattuizione di natura privatistica tra i proprietari del fondo segue la concessione da parte del Comune del titolo abilitativo alla edificazione, che consente al cessionario di costruire sul proprio fondo sfruttando la maggiore volumetria acquisita.

Perché questo contratto trova riconoscimento nell’ordinamento?
La ragione dell’ammissibilità di questa operazione si ravvisa nel fatto che l’obiettivo del Piano Regolatore è quello di individuare un indice di densità edilizia complessiva in riferimento a ciascuna area edificabile, ma è irrilevante chi di fatto la utilizzi.

Quali sono i presupposti per la stipulazione del contratto?
- I fondi devono appartenere a proprietari diversi;
- I fondi devono essere ricompresi nella medesima zona edilizia;
- I fondi devono avere la medesima destinazione urbanistica;
- I fondi devono essere contigui anche se non necessariamente confinanti (1);
- Non è necessario che il PRG preveda espressamente la possibilità di cedere le volumetrie tra i proprietari dei fondi ricompresi nella zona edilizia.

Quale natura giuridica si deve riconoscere al contratto?
- Vendita di un diritto reale immobiliare atipico (2)
Secondo questa tesi, la volumetria può essere oggetto di un negozio traslativo in quanto essa si configura come vero bene giuridico, come utilitas del fondo avente una propria rilevanza giuridico-economica e suscettibile di essere oggetto di separato atto di disposizione (3).
Questa ricostruzione è stata oggetto di critiche in quanto:
-sarebbe in contrasto con il principio del numer clausus dei diritti reali;
-lo spazio aereo sovrastante il suolo non è un bene autonomo rispetto al fondo su cui insiste;
-le facoltà e le utilità non possono essere oggetto di atti di disposizione separatamente dal diritto cui afferiscono.
Né vale, al fine di ammettere la tesi in questione, qualificare il diritto reale come superficie, in quanto il cessionario costruisce sul proprio fondo e non su fondo altrui (come accade appunto acquistando il diritto di superficie).
- Contratto ad effetti meramente obbligatori
La cessione di cubatura non produce alcun effetto traslativo, ma meri effetti obbligatori, in quanto solo il provvedimento di autorizzazione all’edificazione legittima il cessionario a beneficiare della maggiore volumetria (4). Il contratto consiste nell’assunzione da parte del cedente di una serie di impegni e precisamente:
-dell’impegno a trasferire la porzione edificabile di pertinenza del proprio fondo al cessionario;
-dell’impegno a non richiedere un permesso di edificare per quel volume;
-dell’impegno ad agevolare (aderendo alla richiesta (5)).
L’asservimento del suolo del “cedente” al vincolo di in edificabilità si realizza solo con l’ottenimento del titolo abilitativo all’edificazione, inteso come momento finale di un più articolato procedimento amministrativo, e non già per effetto di un negozio traslativo.
La tesi esposta porge il fianco ad una critica di non poca rilevanza. La pattuizione intercorsa tra i proprietari dei fondi non è, infatti, opponibile ai terzi la, in quanto il contratto in oggetto, non riguardando vicende relative ai diritti reali, non rientra tra quelli suscettibili di trascrizione. In realtà, la giurisprudenza amministrativa, e segnatamente alcune pronunce del Consiglio di Stato, ha ritenuto che il vincolo di asservimento sarebbe comunque opponibile ai terzi in quanto qualità obiettiva del fondo che non richiede alcun adempimento pubblicitario nei registri immobiliari.
- Costituzione di servitù
La cessione realizza una limitazione del diritto di utilizzazione e godimento del fondo da parte del proprietario inquadrabile nella fattispecie della servitù di non edificare (o altius non tollendi, ove la cessione sia solo parziale), il cui peso consiste in un non facere e in un pati.
Il titolo abilitativo dalla pubblica amministrazione (generalmente configurato come evento da dedursi in condizione) si pone in rapporto di collegamento con il negozio stipulato, in quanto la cessione prima di permesso di costruire è valida (nonché trascrivibile) ma inefficace, mentre il provvedimento emesso in mancanza del negozio di cessione è illegittimo.
La tesi, per quanto risolva il problema dell’opponibilità ai terzi del vincolo, è stata contestata in quanto mancherebbero gli elementi caratteristici del diritto di servitù e in particolare:
-la cessione di cubatura può realizzarsi anche tra fondi non contigui, in violazione del principio praedia vicina esse debent;
-manca l’utilitas permanente per il fondo dominante, in quanto l’edificaizone è un vantaggio che si esaurisce una tantum;
-la servitù non necessità di un provvedimento amministrativo ai fini della sua costituzione.

Come si realizza sul piano pratico?
A seconda della tesi cui si aderisce, l’effetto della cessione di volumetria può realizzarsi mediante:
- Contratto di trasferimento di diritto reale sottoposto alla condizione sospensiva del rilascio del titolo abilitativo da parte del Comune;
- Atto unilaterale d’obbligo/Atto unilaterale di asservimento
- Contratto con effetti obbligatori sottoposto alla condizione sospensiva del rilascio del titolo abilitativo da parte del Comune;
- Costituzione di una servitù di non edificare con assunzione dell’obbligo di agevolare la richiesta del permesso di costruire in capo al titolare del fondo dominante.
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Note

(1) In tal senso, TAR Sicilia, Catania, n. 4113/2010: “La legittimità della cessione di cubatura, ai fini dello sfruttamento della cubatura ceduta in un progetto edilizio da parte dell'acquirente, è legata a due condizioni e cioè la omogeneità dell'area territoriale entro la quale si trovano i due terreni (cedente la cubatura e ricevente la cubatura oggetto del contratto) e la contiguità dei due fondi. Il secondo requisito non è inteso dalla giurisprudenza come una condizione fisica (ossia contiguità territoriale), ma giuridica e viene a mancare quando tra i fondi sussistano una o più aree aventi destinazioni urbanistiche incompatibili con l'edificazione. In altri termini, è necessario che le stesse aree siano se non contigue almeno significativamente vicine, non potendosi accomunare sotto un regime urbanistico unitario aree ricadenti in zone urbanistiche non omogenee.”
(2) La Cassazione, nella sentenza 20623 del 2009, seppur incidentalmente ha negato alla cessione di cubatura la natura di contratto traslativo di diritto reale.
(3) In tal senso, TAR Sicilia, Catania, n. 4113/2010: “La cubatura che un terreno esprime o possiede può essere alienata o ceduta indipendentemente dalla alienazione o dalla cessione del terreno medesimo, a determinate condizioni. Questo perché la cubatura (ossia la possibilità di edificare un determinato volume edilizio), pur se intrinsecamente collegata al terreno che la esprime, costituisce una utilità separata da questo, autonomamente valutabile e con una propria commerciabilità e patrimonialità. L’area dalla quale la cubatura è stata sottratta diviene, per quella parte di cubatura alienata, inedificabile. La legittimità della cessione di cubatura, ai fini dello sfruttamento della cubatura ceduta in un progetto edilizio da parte dell'acquirente, è legata a due condizioni e cioè la omogeneità dell'area territoriale entro la quale si trovano i due terreni (cedente la cubatura e ricevente la cubatura oggetto del contratto) e la contiguità dei due fondi”.
(4) In tal senso, Cass. Civ. sez. II, 2° settembre 2009, n. 20623, nella cui massima si legge che “Nella cessione di cubatura si è in presenza di una fattispecie a formazione progressiva in cui confluiscono, sul piano dei presupposti, dichiarazioni private nel contesto di un procedimento di carattere amministrativo; a determinare il trasferimento di cubatura, tra le parti e nei confronti dei terzi, é esclusivamente il provvedimento concessorio, discrezionale e non vincolato, che, a seguito della rinuncia del cedente, può essere emanato dall'ente pubblico a favore del cessionario, non essendo configurabile tra le parti un contratto traslativo. Ne consegue che, qualora il cedente, con la stipulazione dell'atto unilaterale di vincolo avente come destinatario immediato la p.a., si sia prestato al compimento di tutti gli atti necessari per far ottenere al cessionario la concessione per una volumetria maggiore, il mancato rilascio della concessione edilizia maggiorata determina l'inefficacia del negozio concluso dai proprietari dei fondi limitrofi e non già la sua risoluzione per inadempimento del cedente.
(5) Si veda sul punto TAR Lombardia, Brescia, n. 24 del 2006: “Presupposto indefettibile della cessione di cubatura è l'adesione del cedente, che può essere manifestata o sottoscrivendo l'istanza o il progetto del cessionario, o rinunciando alla propria cubatura a favore di questi, o notificando al Comune tale sua volontà, mentre il vincolo di asservimento a carico ed a favore del fondo sorge, sia per le parti sia per i terzi, solo per effetto del rilascio della concessione edilizia, che legittima lo jus aedificandi del cessionario”.

31 gennaio 2011

Un buon motivo per andare a piedi: la disciplina dei parcheggi

La questione relativa alla possibilità di alienazione separata del parcheggio rispetto all’unità abitativa cui esso è connesso è stata oggetto, sin dalla fine degli anni ’60, di un acceso dibattito dottrinale e giurisprudenziale, volto ad accertare l’esistenza e la natura giuridica del vincolo su di essi gravante in virtù delle diverse discipline normative succedutesi negli anni.
La problematica è oggi sostanzialmente risolta dalla legge 28 novembre 2005 n. 246, il cui articolo 12 ha novellato l’art. 41 sexies della legge 1150/1942 prevedendo che “Gli spazi per parcheggi realizzati in forza del primo comma non sono gravati da vincoli pertinenziali di sorta né da diritti d'uso a favore dei proprietari di altre unità immobiliari e sono trasferibili autonomamente da esse”. In sostanza, la modifica sancisce l’assenza di vincoli pertinenziali o di diritti d’uso sui cd. parcheggi “Ponte”, nonché la loro libera commerciabilità.
Per quel che concerne l’ambito di applicazione temporale della novella, la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 4264 del 2006, ha stabilito che essa avrebbe portata novativa e non già interpretativa, con la conseguenza che il regime da essa introdotto dispone per l’avvenire, in particolare per le nuove costruzioni oppure per gli immobili che non sono stati oggetto di atti di compravendita successivamente alla data di introduzione della norma.
Pertanto, le costruzioni realizzate o cedute prima dell’entrata in vigore della norma rimangono sottoposte alla precedente disciplina, che viene schematizzata come segue.
Parcheggi liberamente commerciabili
1. Parcheggi edificati prima del 1967
2. Parcheggi eccedenti i limiti quantitativi stabiliti dalla L. 765/1967 (Legge cd. “Ponte”)

Parcheggi “Ponte” ex art. 41 sexies, co. 1, legge 1150/194
1. Si tratta di parcheggi che, nei limiti del minimo imposto dalla legge (1 metro quadro per ogni metro cubo di costruzione), devono essere obbligatoriamente edificati
2. Sono pertinenze ex lege dell’unità abitativa cui sono connessi
3. Non è possibile mutarne la destinazione
4. Sono gravati da un vincolo d’uso ex lege, con la conseguenza che l’alienazione separata dall’immobile di cui sono pertinenza comporta comunque in capo al proprietario dell’unità abitativa il diritto esclusivo all’utilizzazione

Parcheggi “Tognoli” ex L. 122/1989
1. Parcheggi relativi a edifici già costruiti
2. Sono pertinenze ad uso esclusivo dei residenti
3. Possono essere ceduti solo unitamente all’unità abitativa a pena di nullità

23 gennaio 2011

Gazzetta Notarile - Facoltà di commutazione e pegno rotativo

Mi permetto di segnalare due contributi apparsi sul numero 7/9 - 2010 di Gazzetta Notarile (ed. Le Penseur):

PRASCINA E., La facoltà di commutazione dei figli legittimi: la discussa architettura giuridica di un diritto potestativo ad esercizio controllato.

SCANNICCHIO S., L'evoluzione giurisprudenziale del pegno rotativo.

20 gennaio 2011

La tutela dell'acquirente di immobili da costruire


DISCIPLINA DEGLI IMMOBILI DA COSTRUIRE





Obiettivo dichiarato del legislatore è quello di approntare una tutela alla parte contrattuale più debole (acquirente) nel caso di crisi dell’impresa costruttrice.


1.Presupposti per l’applicazione
a.Soggettivi (art. 1 lett. a. e b.)
Il trasferimento dell’immobile da costruire deve realizzarsi tra:
-acquirente persona fisica: poiché la norma non parla di consumatore, alcuni autori (PETRELLI) hanno ipotizzato che la normativa si applichi anche nel caso in cui la persona fisica agisca quale imprenditore titolare di una ditta individuale.
In realtà, sembra preferibile ritenere che il soggetto acquirente sia la persona fisica tout court, in quanto solo in questa circostanza si realizza quella asimmetria contrattuale ed informativa che la disciplina mira ad annullare predisponendo i diversi mezzi di tutela che di cui infra.
Ulteriore argomento a sostegno di questa tesi è la possibilità di applicare il decreto anche nel caso di soggetto che addiviene alla stipula per procurare l’acquisto “ad un proprio parente in primo grado” (con esclusione, dunque, del coniuge).
-venditore costruttore imprenditore: è indispensabile che l’obbligo di costruire o di ultimare il fabbricato gravi su questo soggetto. Di conseguenza, nell’ipotesi in cui oggetto del contratto sia solo il rustico e l’edificazione gravi sull’acquirente non troverà applicazione la normativa in questione.


b.Oggettivi
Oggetto del contratto (art. 1 lett. d.)
Oggetto del contratto (art. 1 lett. d.)deve essere un immobile da costruire con qualsiasi destinazione per il quale:
- sia stato già richiesto il permesso di costruire o presentata la D.I.A.
- la cui costruzione non è ancora cominciata o che non sia ancora al punto di ultimazione tale da consentire il rilascio del certificato di agibilità.
Alcuni autori ritengono che in mancanza di questi requisiti l’immobile sarà del tutto incommerciabile anche a livello di contrattazione preliminare, essendo sotteso un interesse legislativo a contrastare i fenomeni di abusivismo edilizio (contra RIZZI).
Per quel che concerne la ristrutturazione, una interpretazione restrittiva della norma indurrebbe ad escluderne l’inserimento, alla luce dell’espresso riferimento all’edificio da realizzare o da ultimare. Tuttavia, tenendo presente l’obiettivo di tutela perseguito dal decreto, alcuni autori (RIZZI) ammettono l’applicazione della disciplina anche alle ristrutturazioni “maggiori” che rendano l’immobile sostanzialmente diverso dall’originale e che comportino il rilascio di un nuovo certificato di agibilità, nel caso in cui la persona fisica acquisti una porzione di un edificio già esistente da ristrutturare integralmente e gli effetti traslativi si producano solo all’ultimazione dei lavori.
Atti ai quali si applica la disciplina
Per quanto riguarda i tipi negoziali cui si applica la disciplina, l’art. 5 prevede che “La disciplina prevista dagli articoli 2, 3 e 4 si applica ai contratti aventi ad oggetto il trasferimento non immediato della proprietà o di altro diritto reale di godimento di immobili per i quali il permesso di costruire o altra denuncia o provvedimento abilitativo sia stato richiesto successivamente alla data di entrata in vigore del presente decreto”. Nella formulazione omnicomprensiva della norma rientrano dunque:
- i contratti preliminari e le proposte di acquisto unilaterali
- i contratti obbligatori
- i contratti ad effetti reali differiti
- i negozi collegati che realizzano le finalità indicate nella norma
- il leasing
- ogni tipo di contratto o atto che realizzi le finalità della norma.


c.Temporali
La disciplina si applica a quei negozi in cui il permesso di costruire relativo all’immobile in oggetto sia stato richiesto successivamente all’entrata in vigore della normativa.

2.Strumenti di tutela
a.Garanzia fideiussoria (artt. 2 e 3)
L’art. 2 del decreto impone al costruttore di prestare una garanzia fideiussoria nel caso in cui egli si trovi in una situazione di crisi e precisamente:
- procurare il rilascio ed a consegnare all'acquirente una fideiussione;
- all’atto della stipula o precedentemente;
- a pena di nullità del contratto che può essere fatta valere unicamente dall'acquirente;
- di importo corrispondente alle somme e al valore di ogni altro eventuale corrispettivo che il costruttore ha riscosso e, secondo i termini e le modalità stabilite nel contratto, deve ancora riscuotere dall'acquirente prima del trasferimento del diritto oggetto del contratto.
La norma prevede altresì che “restano comunque esclusi le somme per le quali e' pattuito che debbano essere erogate da un soggetto mutuante, nonche' i contributi pubblici già assistiti da autonoma garanzia”.
L’esclusione della garanzia è stata oggetto di accesi dibattiti in dottrina.
Sicuramente estranee alla fideiussione sono le somme oggetto di un mutuo contratto alla stipula del definitivo o comunque al momento del trasferimento della proprietà, perché, in tal caso, la garanzia non avrebbe ragion d’essere.
Nel caso in cui, al contrario, il mutuo sia stipulato dall’acquirente anteriormente all’acquisto della proprietà, si tratterebbe di somme che il soggetto versa al costruttore prima del trasferimento e che, come tali, devono essere coperte dalla garanzia.
Ove sia il costruttore a contrarre un mutuo per l’edificazione dell’edificio e l’acquirente si accolli la quota frazionata del mutuo relativa all’immobile oggetto di contratto, secondo alcuna dottrina è necessario distinguere:
- accollo esterno: nel caso in cui l’acquirente, prima del trasferimento del diritto, si accolli con efficacia esterna il mutuo, le rate pagate o da pagarsi al mutuante, ancorché prima del trasferimento della proprietà, non dovrebbero essere coperte da garanzia. L’accollo esterno è normalmente cumulativo e l’acquirente può opporre al mutuante le stesse eccezioni che potrebbe opporre al costruttore.
- accollo interno: nel caso di accollo meramente interno, le rate pagate dall’acquirente al costruttore (senza effetto nei confronti del mutuante) anteriormente all’acquisto del diritto devono essere coperte dalla fideiussione.
Nel caso in cui l’accollo fosse stipulato dopo il trasferimento del diritto evidentemente non è suscettibile di essere garantito dalla fideiussione.
In caso di mutuo erogato all’acquirente garantito da ipoteca concessa dal costruttore prima del trasferimento del diritto (terzo datore di ipoteca), le somme pagate prima del trasferimento e derivanti dal suddetto mutuo non devono essere coperte dalla fideiussione (RIZZI) in quanto il costruttore, avendo prestato il proprio consenso all’iscrizione ipotecaria, non può essere chiamato a fornire un’ulteriore garanzia (contra PETRELLI).
Secondo l’art. 3, la situazione di crisi si intende verificata nelle seguenti date:
a) di trascrizione del pignoramento relativo all'immobile oggetto del contratto;
b) di pubblicazione della sentenza dichiarativa del fallimento o del provvedimento di liquidazione coatta amministrativa;
c) di presentazione della domanda di ammissione alla procedura di concordato preventivo;
d) di pubblicazione della sentenza che dichiara lo stato di insolvenza o, se anteriore, del decreto che dispone la liquidazione coatta amministrativa o l'amministrazione straordinaria.
La garanzia fideiussoria pone ulteriori problemi nel caso di cessione del contratto preliminare di immobile da costruire o di contratto per persona da nominare:
- cessione o electio amici a favore di persona fisica parente di primo grado: la fideiussione contratta dal primo stipulante spetta anche all’electus ai sensi del’art. 1404 c.c., a meno che non si ritenga che il costruttore sia obbligato a concederne una nuova al soggetto cessionario o eletto.
- una società stipula un preliminare di immobile da costruire con il costruttore e successivamente cede il contratto o effettua la electio amici in favore di una persona fisica: non sorge comunque l’obbligo della fideiussione in quanto l’electus subentra nella stessa situazione giuridica dello stipulante.
- cessione o electio amici a favore di una società: la fideiussione già prestata cessa di produrre i suoi effetti.
- stipulante persona fisica che nomina altra persona fisica non legata ad essa da un rapporto di parentela: la fideiussione non opera.

b.Polizza assicurativa (art. 4)
Il costruttore e' obbligato a contrarre ed a consegnare all'acquirente all'atto del trasferimento della proprietà una polizza assicurativa indennitaria decennale a beneficio dell'acquirente e con effetto dalla data di ultimazione dei lavori a copertura dei danni materiali e diretti all'immobile, compresi i danni ai terzi, cui sia tenuto ai sensi dell'articolo 1669 del codice civile, derivanti da rovina totale o parziale oppure da gravi difetti costruttivi delle opere, per vizio del suolo o per difetto della costruzione, e comunque manifestatisi successivamente alla stipula del contratto definitivo di compravendita o di assegnazione.

c.Contenuto tipico del contratto (art. 6)
L’art. 6 impone di redigere il contratto preliminare (nonché tutti gli atti soggetti alla disciplina) secondo un contenuto determinato (menzioni e allegazioni) e in forma scritta ad substantiam.
Per quel che concerne le sanzioni in caso di violazione della norma, oltre alla responsabilità disciplinare del notaio, la dottrina ha proposto differenti ricostruzioni:
- nullità per violazione di norma imperativa;
- mero obbligo di rinegoziazione del contratto;
- responsabilità precontrattuale.

d.Frazionamento del mutuo e dell’ipoteca o cancellazione ipotecaria. Divieti di stipula. (artt. 7 e 8)
L’art. 7
del decreto, novellando l’art. 39 co. 6 T.U.B., riconosce al debitore, al terzo acquirente, al promissario acquirente o all'assegnatario del bene ipotecato o di parte dello stesso, per questi ultimi limitatamente alla porzione immobiliare da essi acquistata o promessa in acquisto o in assegnazione, il diritto alla suddivisione del finanziamento in quote e, correlativamente, al frazionamento dell'ipoteca a garanzia, ove si tratti di edificio o complesso condominiale per il quale può ottenersi l'accatastamento delle singole porzioni che lo costituiscono, ancorche' in corso di costruzione.
Presupposti per l’esercizio di tale diritto (potestativo) sono:
- preliminare avente data certa
- mutuo fondiario
- accollo da parte del promissario acquirente di una quota del mutuo fondiario
Ove non si tratti di mutuo fondiario e ove non vi sia accollo, il promissario acquirente non vanterà alcun diritto al frazionamento del finanziamento e dell’ipoteca (che, per regola generale, è indivisibile).
La rilevanza dei diritti sopra descritti emerge chiaramente dall’art. 8, il quale pone a carico del notaio rogante un divieto di stipula laddove “anteriormente o contestualmente alla stipula, non si sia proceduto alla suddivisione del finanziamento in quote o al perfezionamento di un titolo per la cancellazione o frazionamento dell'ipoteca a garanzia o del pignoramento gravante sull'immobile”.
In tal modo, si pone l’acquirente al riparo da eventuali espropriazioni a soddisfacimento di un debito del venditore, ove il frazionamento o la cancellazione, seppur promessi, non siano stati effettivamente realizzati. In mancanza, infatti, l’acquirente sarebbe responsabile in solido dell’intero finanziamento contratto dal costruttore.
Come lucidamente osservato (DOLMETTA), l’ambito di applicazione delle norme appena descritte non coincide perfettamente. L’art. 7 infatti si riferisce al mutuo fondiario e ad un acquirente in generale, laddove l’art. 8 sembra contemplare ogni tipo di finanziamento, anche ordinario, che sia contratto dal costruttore per l’edificazione dell’immobile di cui l’acquirente persona fisica si sia accollato una quota.
Per questa ragione, il problema più spinoso che si pone all’interprete è proprio quello di individuare il preciso ambito applicativo del divieto di stipula e, in particolare, se debbano ricorrere tutti i presupposti soggettivi e oggettivi richiesti dal decreto e quali siano i negozi sottoposti al divieto.
Quanto al primo quesito, la tesi più accreditata ritiene che l’art. 8 non riguardi tutti gli atti di compravendita aventi ad oggetto immobili ipotecati (che comporterebbe un eccesso di delega), ma le sole fattispecie contemplate dal decreto 122, ovvero gli atti relativi ad immobili da edificare recanti i presupposti degli artt. 1 e 2 del decreto.
In merito ai tipi negoziali cui si applica il divieto, sono state avanzate differenti soluzioni:
- il divieto si applica a tutti i contratti definitivi, relativi ad immobili già ultimati, stipulati in esecuzione dell’obbligo contenuto in un contratto preliminare di immobile da costruire soggetto alla disciplina del decreto 122.
Sono dunque esclusi tutti gli altri negozi che, seppur sottoposti alle regole del decreto, esulano dal meccanismo contrattuale preliminare-definitivo.
- il divieto si applica solo ai contratti ad effetti reali differiti aventi ad oggetto immobili da costruire, in quanto una volta edificato l’immobile viene meno la debolezza contrattuale dell’acquirente.
- il divieto ha una portata generale e si riferisce a tutti i contratti di trasferimento della proprietà aventi ad oggetto beni la cui edificazione ha richiesto la stipula, da parte del costruttore, di un mutuo o un’iscrizione ipotecaria, e in cui l’acquisto si realizza con la venuta ad esistenza del bene.
Tuttavia, è stato giustamente evidenziato come il controllo del notaio in merito all’esistenza di formalità pregiudizievoli non sia sempre agevole come nell’ipotesi paradigmatica del preliminare-definitivo.
Nel caso del contratto con effetti reali differiti, infatti, il notaio interviene solo al momento della stipula di detto contratto e, poiché l’immobile non è ancora venuto ad esistenza, potrebbe non avere la possibilità di verificare l’esistenza di un mutuo o dell’iscrizione ipotecaria.
Per questa ragione, la dottrina si è chiesta in quale momento sorga effettivamente l’obbligo di controllo in capo al notaio rogante. Secondo una prima teoria, l’obbligo per il notaio sorge al momento della stipula del contratto con effetti reali differiti. In tal caso, infatti, il trasferimento della proprietà si realizza con la semplice venuta ad esistenza del bene, senza la necessità di un ulteriore atto. Il notaio, dunque, dovrà inserire nel rogito il consenso unilaterale della banca al frazionamento del mutuo e alla parziale cancellazione ipotecaria.
Secondo altra teoria, l’intervento del notaio sarebbe duplice. In fase di stipula del contratto con effetti reali differiti, il notaio dovrebbe adoperare una tecnica contrattuale in virtù della quale subordinare, in deroga alla regola generale, il trasferimento della proprietà ad un successivo atto notarile di accertamento della venuta ad esistenza del bene. Il controllo del notaio ex art. 8 si realizza, dunque, al momento dell’atto di avveramento della condizione, in cui sarà agevole per il professionista accertare la presenza di eventuali mutui o ipoteche sull’immobile e, se del caso, addivenire al frazionamento o al perfezionamento del titolo per la cancellazione ipotecaria.
e.Prelazione sull’immobile
L’art. 9 del decreto riconosce all’acquirente dell’immobile da lui adibito ad abitazione principale e poi sottoposto ad espropriazione immobiliare il diritto di prelazione nell’acquisto al prezzo definitivo stabilito nell’incanto, anche nel caso in cui abbia escusso la fideiussione.

f.Esenzione dalla revocatoria fallimentare
L’art. 10 stabilisce che “Gli atti a titolo oneroso che hanno come effetto il trasferimento della proprietà o di altro diritto reale di godimento di immobili da costruire, nei quali l'acquirente si impegni a stabilire, entro dodici mesi dalla data di acquisto o di ultimazione degli stessi, la residenza propria o di suoi parenti o affini entro il terzo grado, se posti in essere al giusto prezzo da valutarsi alla data della stipula del preliminare, non sono soggetti all'azione revocatoria prevista dall'articolo 67 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, e successive modificazioni.”

g.Fondo di solidarietà
L’art. 12 istituisce un fondo “al fine di assicurare un indennizzo, nell'ambito delle risorse del medesimo Fondo, agli acquirenti che, a seguito dell'assoggettamento del costruttore a procedure implicanti una situazione di crisi, hanno subito la perdita di somme di denaro o di altri beni e non hanno conseguito il diritto di proprietà o altro diritto reale di godimento su immobili oggetto di accordo negoziale con il costruttore ovvero l'assegnazione in proprietà o l'acquisto della titolarità di un diritto reale di godimento su immobili da costruire per iniziativa di una cooperativa”.


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