21 giugno 2010

Il conferimento di beni culturali in società di capitali

Quando si parla di "beni culturali", una constatazione è scontata: sono fonte di grattacapi per l'operatore del diritto, che si trova a fronteggiare una disciplina farraginosa e spesso paralizzante.
Prova ne è la complessa questione del conferimento in società di un bene sottoposto alla prelazione artistica, laddove le regole sui conferimenti in natura previste dal codice civile devono essere coordinate con la disciplina del D.Lgs. 22 gennaio 2004,n. 42 (Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio - di seguito C.B.C.).
La dottrina notarile (ex multis CACCAVALE) che ha affrontato questa problematica, ne ha evidenziato la complessità su due distinti piani:
a) quello della sussistenza della prelazione artistica nel caso di conferimenti societari;
b) quello della compatibilità del conferimento di bene culturale con la disciplina dei conferimenti in natura e, in particolare, con il principio di integrale ed immediata liberazione delle azioni ad essi connesse (cfr. art. 2342 c.c.).
La prima questione, in realtà, ha ormai perso la sua rilevanza dal momento che l'art. 60 del C.B.C., così come modificato dal D.Lgs. 24 marzo 2006, n. 156, prevede espressamente che lo Stato abbia il diritto di acquistare in via di prelazione i beni culturali conferiti in società.
Quanto al secondo profilo evidenziato, la soluzione è ben più problematica.
L'art. 2342 c.c. impone, infatti, che le azioni corrispondenti a conferimenti in natura siano integralmente liberate al momento della sottoscrizione e cioè che il conferimento sia "immediatamente e compiutamente eseguito contestualmente alla sottoscrizione dell'atto costitutivo (o dell'aumento di capitale a pagamento), non essendo ammissibile che il conferente ... prometta solo di eseguirlo o, comunque, assuma un obbligo di esecuzione" (FERRUCCI-FERRENTINO).
Questa necessità della società di acquisire immediatamente, nella titolarità e nella disponibilità, i beni conferiti sembra contrastare con la regola che subordina gli effetti del trasferimento del bene alla condizione sospensiva legale del mancato esercizio della prelazione da parte dello Stato (art. 61, co. IV, C.B.C.) e che vieta all'alienante (rectius al conferente) la consegna del bene.
Alcuni autori hanno sostenuto che, in virtù del principio consensualistico, il meccanismo traslativo non necessita della consegna materiale del bene, la quale configura, piuttosto, un mero atto materiale che accede ad un contratto già perfetto.
Tuttavia, sembra prevalere quell'opinione (MIOLA, PORTALE) che associa l'integrale liberazione delle azioni al conseguimento da parte della società della disponibilità giuridica e materiale del bene conferito.
Pertanto, ove non si ricorra a particolari tecniche redazionali, il conferimento di un bene culturale si scontra palesemente con le regole enunciate.
Le possibili soluzioni al problema sono state - ovviamente - elaborate dalla prassi notarile e possono riassumersi come segue:
1. Conferimento alternativo di bene culturale e denaro:
Poichè autorevole dottrina (PORTALE) ha sostenuto che in caso di mancata attuazione del conferimento in natura esso si converta coattivamente in obbligo a versare, l'effettività del capitale sociale può essere garantita mediante il versamento di una somma in denaro pari almeno al 25% del valore del bene da conferire, sottoposto alla condizione risolutiva che lo Stato non eserciti la prelazione sul bene. In tal caso, le somme saranno restituite e si realizzerà un normale conferimento in natura.
Si tratta di una soluzione possibile, ma criticabile in quanto non è detto che il socio disponga di tali somme e la società potrebbe non avere interesse all'ingresso di quel soggetto nel caso in cui non sia possibile l'apporto in natura.
2. Conferimento alternativo del credito che il socio vanterebbe in caso di esercizio della prelazione:
Si tratta di una soluzione poco praticabile perchè il credito è futuro ed eventuale (quindi non certo nè esigibile).
3. Contratto di sottoscrizione sottoposto a condizione sospensiva:
Altra soluzione può essere quella di condizionare l'intero contratto di sottoscrizione al mancato esercizio della prelazione da parte dello Stato. Tuttavia, questa modalità, per lo meno in fase di costituzione, si pone in conflitto con la previsione dell'art. 2329 c.c. che impone l'integrale sottoscrizione del capitale sociale (SPOLIDORO).
4. Atto costitutivo sospensivamente condizionato:
Si tratta di una soluzione sostenuta da una risalente dottrina, che tuttavia deve ritenersi incompatibile con il regime legale della pubblicità commerciale.
5. Conferimento di bene culturale garantito da polizza o fideiussione.
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Nel caso di aumento di capitale oneroso, oltre alle soluzioni viste, degno di nota è il meccanismo del cd. "doppio termine", in virtù del quale l'atto di sottoscrizione viene subordinato ad un termine iniziale o ad una condizione sospensiva (il mancato esercizio della prelazione) i cui effetti differiti si producano prima dello spirare del termine previsto per l'opzione o per la sottoscrizione dell'aumento.
Il notaio Federico Magliulo illustra il tema di questo post (molto meglio di me!) in un brillante intervento tenuto al convegno sulla circolazione dei beni culturali organizzato dalla Fondazione Notariato, visibile qui.

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