Per effetto della riforma del diritto societario (d.lgs. 17 gennaio 2003, n. 6), la disciplina delle S.p.A. (e, in generale, delle società di capitali) è stata oggetto di una revisione organica nell'ottica di semplificazione e di ampliamento dell'autonomia privata. Di conseguenza, le società costituite anteriormente all'entrata in vigore della nuova disciplina (1 gennaio 2004) hanno dovuto adeguare i propri statuti alle disposizioni inderogabili da essa introdotte (cfr. art. 223-bis disp. att. cod. civ. e Milano n. 2):
- Termine per l'adeguamento: 30 settembre 2004;
- Modalità: delibera dell'assemblea straordinaria a maggioranza semplice (ma v. Massima n. 89 di Milano).
- [Temporanea efficacia delle clausole non adeguate] Le clausole statutarie non adeguate mantengono la loro efficacia fino al 30 settembre 2004, anche se non conformi alle disposizioni inderogabili della riforma;
- [Divieto di iscrizione] Dal 1 gennaio 2004 non è possibile iscrivere nel registro delle imprese quelle società che, pur essendo state costituite anteriormente a questa data, presentino atti costitutivi o statuti non conformi al decreto;
- [Applicazione anteriore all'entrata in vigore] Le società costituite anteriormente al 1 gennaio 2004 possono già inserire nei propri statuti clausole conformi al decreto, le quali produrranno effetti dal momento, successivo al 1 gennaio 2004, dell'iscrizione nel registro delle imprese.
Il Consiglio Notarile di Milano (Massima 1 - Ambito di applicazione del divieto previsto dall'art. 223 bis) ha precisato che il divieto di iscrizione sub n. 2 non si applica:
- agli atti costitutivi ricevuti e depositati nel registro delle imprese prima del 1 gennaio 2004, anche se non ancora iscritti;
- alle delibere di modifica degli statuti adottate prima del 1 gennaio 2004, anche se il deposito è stato effettuato successivamente;
- agli atti di fusione e di scissione, ancorchè stipulati dopo il 31 dicembre 2003, i quali diano esecuzione alle deliberazioni di fusione/scissione adottate prima dell'entrata in vigore della riforma.
Per quanto riguarda la disciplina applicabile alle società costituite anteriormente alla riforma, la Massima n. 5 di Milano prevede che esse siano regolate dalla nuova disciplina, dal momento in cui lo statuto è stato adeguato e, in ogni caso, dal 1 ottobre 2004.
Nel periodo anteriore all'adeguamento e, in mancanza, fino al 30 settembre 2004, dette società sono regolate dai vigenti patti sociali, anche se contrastanti con la nuova disciplina. In mancanza di una disciplina statutaria o in caso di generico rinvio alla legge, troverà applicazione:
- la vecchia disciplina, se compatibile con le nuove regole;
- la nuova normativa nei restanti casi.
Con riferimento al rinvio ad una disposizione successivamente modificata, la Massima n. 91 di Milano precisa che le clausole statutarie introdotte prima della riforma le quali facciano rinvio ad una specifica norma oggetto di modifica debbano essere interpretate come rinvio alla disciplina pro tempore vigente, a meno che non sia possibile evincere la volontà di rinviare al testo vigente al momento dell'introduzione della clausola stessa.
Il profilo di maggiore interesse in materia di adeguamento degli statuti alla riforma del 2003 riguarda le ipotesi in cui la società non abbia provveduto ad uniformare il proprio statuto alle disposizione inderogabili di nuova introduzione nei termini previsti dalla legge. In proposito, la relazione alla riforma ha precisato che il mancato adeguamento alle nuove disposizioni di carattere inderogabile impedisce alla società di operare ulteriormente, determinando, pertanto, una causa di scioglimento ope legis.
Questa soluzione, tuttavia, non appare convincente per una serie di ragioni:
- le nuove disposizioni codicistiche, malgrado le indicazioni contenute nella relazione, non fanno alcun riferimento allo scioglimento;
- le cause di scioglimento hanno carattere eccezionale e tassativo;
- la soluzione dello scioglimento contrasta con il principio di conservazione del contratto e con l'esigenza di preservare l'operatività di un soggetto economico già esistente nel mercato.
Alla luce di questi rilievi,
- parte della dottrina (N. ABRIANI, Gli adeguamenti obbligatori degli statuti delle società di capitali alla riforma del diritto societario, in Le Società, 10/2003, p. 1301; C. CERA, Le modifiche degli statuti di S.p.A. alla luce della disciplina transitoria della riforma del diritto societario, in Le Società, 9/2003, p. 1192; U. MORERA, Gli adeguamenti dell’atto costitutivo e dello statuto alle nuove disposizioni in materia di S.p.A. (art. 223 bis, disp. att. c.c.), in Riv. Notariato, 2003, p. 835) ha ritenuto che il mancato adeguamento determini la sopravvenuta inefficacia delle clausole interessate.
- Secondo altra ricostruzione (L. ENRIQUES – G. SCASSELLATI SFORZOLINI, Adeguamenti statutari: scelte di fondo e nuove opprortunità nella riforma societaria, in Notariato, 2004, pp. 69 s.), il mancato adeguamento è causa di sopravvenuta nullità della clausola per contrasto con una norma inderogabile.
In ogni caso, nessuna delle due soluzioni proposte è idonea ad integrare la causa di scioglimento rappresentata dall'impossibilità di funzionamento dell'organo amministrativo o dall'impossibilità di conseguire l'oggetto sociale, in quanto si ritiene operante il rimedio della sostituzione di diritto (art. 1419 cod. civ., ultimo comma) con il regime legale a far data dal 1 ottobre 2004 (come già detto, infatti, sino a tale data le vecchie clausole conservano efficacia anche se non sono conformi alle disposizioni inderogabili - operatività sospesa delle nuove norme inderogabili). A ciò si deve aggiungere la responsabilità degli amministratori e dei sindaci per l'omissione derivante dal mancato adeguamento delle clausole.
A tal proposito, il CNN (Gli adeguamenti a norme inderogabili ex art. 223-bis disp. att. cod. civ. - Studio CNN 5277/I) ha precisato che lo scioglimento non si determina neanche nel caso in cui la società non abbia provveduto ad adeguare l'importo del capitale sociale al minimo imposto dall'art. 2327 c.c., in quanto lo stesso art. 223-ter disp. att. ne prevede la salvezza (“le società per azioni costituite prima del 1° gennaio 2004 con un capitale sociale inferiore a centoventimila euro possono conservare la forma della società per azioni per il tempo, stabilito antecedentemente alla data del 1° gennaio 2004, della loro durata”). Naturalmente, là dove i soci decidessero di prorogare la durata della società, essi dovrebbero contestualmente adeguare il valore del capitale per non incorrere nell'ipotesi di scioglimento per riduzione del capitale al di sotto del minimo legale. Sul punto v. Massima n. 6 di Milano.
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