La trasformazione regressiva è quell'operazione mediante la quale una società di capitali modifica la propria veste giuridica, adottando il modello di una delle società di persone.
Superando le questioni sorte anteriormente alla riforma in relazione alle modalità di assunzione della delibera di trasformazione regressiva, il legislatore ha adottato una soluzione di compromesso, prevedendo la possibilità di una delibera a maggioranza accompagnata dal consenso dei soci che assumono responsabilità illimitata (2500 sexies c.c.).
Interessante, sul punto, è il problema del ruolo e delle forme mediante le quali deve essere prestato detto consenso.
Per quanto concerne il rapporto tra consenso e delibera, la dottrina si è divisa in due principali filoni:
- da un lato, i sostenitori della prestazione del consenso come requisito di validità della delibera;
- dall’altro, i fautori della tesi della condizione di efficacia.
Sembra prevalere, tuttavia, questa seconda posizione, dal momento che il socio – come si vedrà in seguito - può prestare il proprio consenso anche al di fuori dell’assemblea e, addirittura, anche dopo l’assemblea, purchè tale volontà si perfezioni prima dell’iscrizione della delibera nel registro delle imprese.
In riferimento, invece, alla modalità di prestazione del consenso, la tesi più rigorosa ritiene che esso non possa desumersi implicitamente dal voto favorevole espresso dal socio in sede di delibera né che egli possa prestarlo in assemblea affinchè il presidente ne dia atto nel verbale. Di conseguenza, secondo tale ricostruzione, il socio deve esprimerlo chiaramente secondo due modalità:
- con costituzione in atto, unitamente al soggetto che assumerà la presidenza dell’assemblea, affinchè possa prestare detto consenso e apporre la propria sottoscrizione al verbale;
- in alternativa, il consenso potrà essere raccolto aliunde, purchè prima dell’adunanza o per lo meno prima della iscrizione del verbale nel registro delle imprese, con modalità che lo provino con certezza e che ne consentano l’inserimento negli atti sociali.
La prassi notarile tende, al contrario, a ritenere valido il consenso negoziale espresso dal socio in assemblea, purchè il socio manifesti personalmente ed esplicitamente la propria volontà (non è, dunque, ammissibile un consenso prestato dal delegato ad intervenire in assemblea per conto del socio). Parimenti, si ritiene ammissibile il consenso prestato fuori dall’assemblea, mediante atto separato, che rivesta le forme necessarie in ordine all'adempimento alle formalità pubblicitarie imposte dalla legge.
In generale, comunque, è preferibile evitare di reputare il consenso implicito nel voto favorevole alla delibera, non solo per ragioni di mera prudenza redazionale, ma anche perché essi si considerano come manifestazioni di volontà distinte, che possono formarsi indipendentemente l’una dall’altra, possono esprimersi non contestualmente e, addirittura, contraddittoriamente.
La validità di tale affermazione emerge chiaramente nella prassi, per esempio nell’ipotesi di trasformazione regressiva in snc. In tale circostanza, ove voto e consenso fossero un’unica manifestazione di volontà, si determinerebbe una deroga alla regola maggioritaria prevista dalla legge. Poiché, infatti, con tale operazione tutti i soci assumono responsabilità illimitata, la delibera dovrebbe essere adottata all’unanimità.
Al contrario, riconoscendo la differenza tra le due manifestazioni di volontà, si salvaguarda il principio maggioritario, nel senso che la delibera può essere adottata anche ove il socio sia assente (senza aver rilasciato alcuna delega) o dissenziente.
Inoltre, sempre in linea con questa ricostruzione, il socio dissenziente potrebbe anche rivedere la propria posizione e non esercitare il diritto di recesso. In tal caso, malgrado il suo voto contrario, egli ben potrà esprimere, nelle forme e nelle modalità viste, il proprio consenso all’assunzione di responsabilità illimitata e far sì che la delibera alla quale non ha concorso produca comunque effetti nella sua sfera giuridica.
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