In questo post propongo la sintesi di una conversazione via Skype avuta con il mio compagno di studi. Abbiamo cercato di fare il punto su alcune applicazioni pratiche del diritto di usufrutto, in parallelo tra donazioni e altri atti traslativi inter vivos. Per chi volesse approfondire, consiglio di partire dagli Atti di diritto civile della collana Percorsi Giuffrè. Ultimamente, i più grandi dilemmi della nostra vita di aspiranti vengono da quelle pagine.
Riserva di usufrutto
Tra le modalità di costituzione di usufrutto (per legge, per atto inter vivos, per testamento, acquisto per usucapione) particolare rilievo assume la cd. riserva.
Es. Tizio vende a Caio la nuda proprietà del fabbricato A, e se ne riserva l’usufrutto vitalizio.
La legge, all’art. 1002, co. III, c.c., contempla espressamente sia la vendita che la donazione con riserva di usufrutto.
Oggetto di discussione, in dottrina e in giurisprudenza, è la natura giuridica della riserva.
- Teoria del doppio negozio di Biondi: poiché la proprietà è costituita da un fascio di diritti infrazionabili, la riserva è possibile solo ponendo in essere due negozi contemporanei, autonomi e collegati: con il primo, un soggetto trasferisce ad un altro soggetto la piena proprietà del bene; con il secondo, contestualmente, l’avente causa costituisce l’usufrutto in capo al suo dante causa.
- Teoria dell’unico negozio con due vicende di diritti reali di Torrente: poiché la proprietà, per la sua elasticità, è suscettibile di smembramento, è possibile realizzare la riserva con un unico negozio traslativo e, al contempo, costitutivo del diritto di usufrutto.
Riserva per sé e dopo di sé
Figura particolare di riserva è la cd. riserva per sé e dopo di sé, con la quale il trasferente trasferisce la nuda proprietà ad un soggetto, riservando a sé l’usufrutto e, dopo di sé, ad una o più persone. Questa particolare fattispecie è contemplata dalla legge solo in materia di donazione, all’art. 796 c.c., in cui si legge che “E’ permesso al donante di riservare l’usufrutto dei beni donati a proprio vantaggio, e dopo di lui a vantaggio di un’altra persona o anche di più persone, ma non successivamente”. L’ultimo inciso della norma suggerisce all’interprete il confronto della fattispecie in questione con il divieto di usufrutto successivo previsto in ambito successorio all’art. 698 c.c. (su cui si tornerà in seguito). Alcuni commentatori hanno ritenuto, infatti, l’istituto della riserva per sé e dopo di sé costituirebbe una eccezionale deroga al generale divieto di usufrutto successivo, in quanto la legge consente che l’usufrutto non si consolidi con la nuda proprietà dopo la morte del primo riservatario, ma continui a favore dei successivi.
In realtà, si deve ritenere che questa norma altro non sia che un’ulteriore conferma del divieto sancito in materia successoria, perché anche in questa particolare riserva il momento temporale da considerare è quello del disponente, senza che si realizzi alcun tipo di successione.
Quanto alla natura giuridica della riserva per sé e dopo di sé, due sono le principali ricostruzioni:
1. Contratto a favore di terzo: il donante trasferisce la nuda proprietà al donatario, il quale assume l’obbligazione di costituire, alla morte del donante, l’usufrutto in capo al terzo individuato.
2. Due donazioni dirette: il donante dona la nuda proprietà al donatario e contestualmente dona l’usufrutto, a termine iniziale della propria morte, ad una terza persona (purchè quest’ultima sopravviva al donante- condizione sospensiva della premorienza del donante).
L’istituto della riserva per sé e dopo di sé è espressamente contemplato per la sola donazione, pertanto la dottrina si è chiesta se questa modalità di costituzione dell’usufrutto possa essere applicata anche ad altri atti traslativi, sia gratuiti che onerosi, e in particolare alla compravendita.
1. Interpretando estensivamente la norma in tema di donazione, la riserva di usufrutto per sé e dopo di sé è applicabile ad ogni fattispecie traslativa.
2. Si deve ritenere ammissibile una vendita con riserva per sé e dopo di sé, purchè l’usufrutto a favore del terzo, a termine iniziale della morte del primo riservatario, sia costituito dal nudo proprietario con una espressa giustificazione causale.
3. La fattispecie non è ammissibile perché la norma dettata in tema di donazione è norma eccezionale e, pertanto, di stretta applicazione. Oltretutto, se questa fosse stata la volontà legislativa, la riserva per sé e dopo di sé sarebbe stata prevista nella vendita, contratto paradigmatico per le fattispecie traslative, e non nella donazione.
Usufrutto successivo
Come già anticipato a proposito della riserva per sé e dopo di sé, la legge prevede, all’art. 698 c.c., il divieto di usufrutto successivo, ovvero il divieto di attribuire un diritto di usufrutto a favore di più persone per ciascuna successivamente alla morte dell’altra. Il divieto trova fondamento, al pari dei limiti temporali imposti dalla legge all’usufrutto, nella necessità di evitare un eccessivo distacco temporale tra proprietà e usufrutto e limitare, di conseguenza, la commerciabilità del bene.
Il divieto è contemplato espressamente in materia di legati e di donazione, ma si discute se esso riguardi, in mancanza di un espresso richiamo anche gli altri atti di disposizione inter vivos. Sul punto, si registrano due diversi orientamenti:
1. Secondo una tesi, il divieto avrebbe portata generale a prescindere dall'atto con cui viene posto in essere, in quanto anche negli atti tra vivi non verrebbe meno la ragione economica ad esso sottesa.
2. Secondo altra tesi, sarebbe ammissibile alla luce dei principi di autonomia negoziale.
Usufrutto con diritto di accrescimento
IL diritto di usufrutto può essere costituito anche in favore di più persone, con conseguente applicazione delle norme sulla comunione. In tal caso, ove uno degli usufruttuari muoia, la sua quota si consolida in capo al nudo proprietario di modo che tra quest’ultimo e gli usufruttuari superstiti si realizza una comunione di godimento.
Per evitare il detto consolidamento, è possibile valersi del patto di accrescimento, in virtù del quale il nudo proprietario dispone che l’usufrutto del defunto si accresca in capo agli altri usufruttuari, con la conseguenza che l’intero diritto di usufrutto si estinguerà solo alla morte dell’ultimo titolare.
L’istituto è disciplinato espressamente per il testamento (dove, ricorrendone i presupposti, esso opera automaticamente), per la donazione e per la rendita vitalizia. Nella donazione, l’accrescimento opera solo nell’ipotesi anteriore all’acquisto del diritto, cioè nel caso in cui il donatario non voglia o non possa accettare la proposta; nella rendita, al contrario, è previsto anche successivamente all’acquisto.
Si discute in dottrina se il patto di accrescimento possa operare anche in altre fattispecie inter vivos.
- Tesi negativa: non è possibile estendere il patto di accrescimento a fattispecie non previste perché, nel caso in cui la proposta sia accettata solo da alcuni degli oblati, la maggior quota di diritto che spetterebbe ad essi è determinata solo da una riformulazione della proposta stessa e non dall’accrescimento.
- Tesi positiva: l’accrescimento può operare perché l’attribuzione dell’usufrutto congiuntivo non è una proposta avente ad oggetto più quote, bensì l’intero diritto che, per il numero degli oblati, viene ad essere frazionato. In buona sostanza, quando il pieno proprietario dispone dell’usufrutto, esprime la volontà di disporre dell’intero diritto.
Si deve ritenere, accogliendo la tesi positiva, che il patto di accrescimento operi prima dell’acquisto del diritto, ma non successivamente. Di conseguenza:
- Morte di uno degli oblati prima dell’acquisto o impossibilità/mancanza di volontà di accettare: la sua quota si accresce agli altri.
- Morte di uno degli oblati dopo l’acquisto: la quota non può accrescersi agli altri perché si avrebbe un patto successorio, ma cade in successione perché l’usufrutto terminerà solo con la morte dell’ultimo degli usufruttuari.
Alcuni autori sottolineano la differenza tra rinunzia e morte nell’ipotesi di acquisto non ancora perfezionato. Nel primo caso, si avrebbe accrescimento. Nel caso di morte, cadrebbe comunque in successione il diritto di accettare l’usufrutto.
Tra le modalità di costituzione di usufrutto (per legge, per atto inter vivos, per testamento, acquisto per usucapione) particolare rilievo assume la cd. riserva.
Es. Tizio vende a Caio la nuda proprietà del fabbricato A, e se ne riserva l’usufrutto vitalizio.
La legge, all’art. 1002, co. III, c.c., contempla espressamente sia la vendita che la donazione con riserva di usufrutto.
Oggetto di discussione, in dottrina e in giurisprudenza, è la natura giuridica della riserva.
- Teoria del doppio negozio di Biondi: poiché la proprietà è costituita da un fascio di diritti infrazionabili, la riserva è possibile solo ponendo in essere due negozi contemporanei, autonomi e collegati: con il primo, un soggetto trasferisce ad un altro soggetto la piena proprietà del bene; con il secondo, contestualmente, l’avente causa costituisce l’usufrutto in capo al suo dante causa.
- Teoria dell’unico negozio con due vicende di diritti reali di Torrente: poiché la proprietà, per la sua elasticità, è suscettibile di smembramento, è possibile realizzare la riserva con un unico negozio traslativo e, al contempo, costitutivo del diritto di usufrutto.
Riserva per sé e dopo di sé
Figura particolare di riserva è la cd. riserva per sé e dopo di sé, con la quale il trasferente trasferisce la nuda proprietà ad un soggetto, riservando a sé l’usufrutto e, dopo di sé, ad una o più persone. Questa particolare fattispecie è contemplata dalla legge solo in materia di donazione, all’art. 796 c.c., in cui si legge che “E’ permesso al donante di riservare l’usufrutto dei beni donati a proprio vantaggio, e dopo di lui a vantaggio di un’altra persona o anche di più persone, ma non successivamente”. L’ultimo inciso della norma suggerisce all’interprete il confronto della fattispecie in questione con il divieto di usufrutto successivo previsto in ambito successorio all’art. 698 c.c. (su cui si tornerà in seguito). Alcuni commentatori hanno ritenuto, infatti, l’istituto della riserva per sé e dopo di sé costituirebbe una eccezionale deroga al generale divieto di usufrutto successivo, in quanto la legge consente che l’usufrutto non si consolidi con la nuda proprietà dopo la morte del primo riservatario, ma continui a favore dei successivi.
In realtà, si deve ritenere che questa norma altro non sia che un’ulteriore conferma del divieto sancito in materia successoria, perché anche in questa particolare riserva il momento temporale da considerare è quello del disponente, senza che si realizzi alcun tipo di successione.
Quanto alla natura giuridica della riserva per sé e dopo di sé, due sono le principali ricostruzioni:
1. Contratto a favore di terzo: il donante trasferisce la nuda proprietà al donatario, il quale assume l’obbligazione di costituire, alla morte del donante, l’usufrutto in capo al terzo individuato.
2. Due donazioni dirette: il donante dona la nuda proprietà al donatario e contestualmente dona l’usufrutto, a termine iniziale della propria morte, ad una terza persona (purchè quest’ultima sopravviva al donante- condizione sospensiva della premorienza del donante).
L’istituto della riserva per sé e dopo di sé è espressamente contemplato per la sola donazione, pertanto la dottrina si è chiesta se questa modalità di costituzione dell’usufrutto possa essere applicata anche ad altri atti traslativi, sia gratuiti che onerosi, e in particolare alla compravendita.
1. Interpretando estensivamente la norma in tema di donazione, la riserva di usufrutto per sé e dopo di sé è applicabile ad ogni fattispecie traslativa.
2. Si deve ritenere ammissibile una vendita con riserva per sé e dopo di sé, purchè l’usufrutto a favore del terzo, a termine iniziale della morte del primo riservatario, sia costituito dal nudo proprietario con una espressa giustificazione causale.
3. La fattispecie non è ammissibile perché la norma dettata in tema di donazione è norma eccezionale e, pertanto, di stretta applicazione. Oltretutto, se questa fosse stata la volontà legislativa, la riserva per sé e dopo di sé sarebbe stata prevista nella vendita, contratto paradigmatico per le fattispecie traslative, e non nella donazione.
Usufrutto successivo
Come già anticipato a proposito della riserva per sé e dopo di sé, la legge prevede, all’art. 698 c.c., il divieto di usufrutto successivo, ovvero il divieto di attribuire un diritto di usufrutto a favore di più persone per ciascuna successivamente alla morte dell’altra. Il divieto trova fondamento, al pari dei limiti temporali imposti dalla legge all’usufrutto, nella necessità di evitare un eccessivo distacco temporale tra proprietà e usufrutto e limitare, di conseguenza, la commerciabilità del bene.
Il divieto è contemplato espressamente in materia di legati e di donazione, ma si discute se esso riguardi, in mancanza di un espresso richiamo anche gli altri atti di disposizione inter vivos. Sul punto, si registrano due diversi orientamenti:
1. Secondo una tesi, il divieto avrebbe portata generale a prescindere dall'atto con cui viene posto in essere, in quanto anche negli atti tra vivi non verrebbe meno la ragione economica ad esso sottesa.
2. Secondo altra tesi, sarebbe ammissibile alla luce dei principi di autonomia negoziale.
Usufrutto con diritto di accrescimento
IL diritto di usufrutto può essere costituito anche in favore di più persone, con conseguente applicazione delle norme sulla comunione. In tal caso, ove uno degli usufruttuari muoia, la sua quota si consolida in capo al nudo proprietario di modo che tra quest’ultimo e gli usufruttuari superstiti si realizza una comunione di godimento.
Per evitare il detto consolidamento, è possibile valersi del patto di accrescimento, in virtù del quale il nudo proprietario dispone che l’usufrutto del defunto si accresca in capo agli altri usufruttuari, con la conseguenza che l’intero diritto di usufrutto si estinguerà solo alla morte dell’ultimo titolare.
L’istituto è disciplinato espressamente per il testamento (dove, ricorrendone i presupposti, esso opera automaticamente), per la donazione e per la rendita vitalizia. Nella donazione, l’accrescimento opera solo nell’ipotesi anteriore all’acquisto del diritto, cioè nel caso in cui il donatario non voglia o non possa accettare la proposta; nella rendita, al contrario, è previsto anche successivamente all’acquisto.
Si discute in dottrina se il patto di accrescimento possa operare anche in altre fattispecie inter vivos.
- Tesi negativa: non è possibile estendere il patto di accrescimento a fattispecie non previste perché, nel caso in cui la proposta sia accettata solo da alcuni degli oblati, la maggior quota di diritto che spetterebbe ad essi è determinata solo da una riformulazione della proposta stessa e non dall’accrescimento.
- Tesi positiva: l’accrescimento può operare perché l’attribuzione dell’usufrutto congiuntivo non è una proposta avente ad oggetto più quote, bensì l’intero diritto che, per il numero degli oblati, viene ad essere frazionato. In buona sostanza, quando il pieno proprietario dispone dell’usufrutto, esprime la volontà di disporre dell’intero diritto.
Si deve ritenere, accogliendo la tesi positiva, che il patto di accrescimento operi prima dell’acquisto del diritto, ma non successivamente. Di conseguenza:
- Morte di uno degli oblati prima dell’acquisto o impossibilità/mancanza di volontà di accettare: la sua quota si accresce agli altri.
- Morte di uno degli oblati dopo l’acquisto: la quota non può accrescersi agli altri perché si avrebbe un patto successorio, ma cade in successione perché l’usufrutto terminerà solo con la morte dell’ultimo degli usufruttuari.
Alcuni autori sottolineano la differenza tra rinunzia e morte nell’ipotesi di acquisto non ancora perfezionato. Nel primo caso, si avrebbe accrescimento. Nel caso di morte, cadrebbe comunque in successione il diritto di accettare l’usufrutto.
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