
4 gennaio 2010
HOLDINGS - PARTE SECONDA: è ammissibile una holding individuale?

2 gennaio 2010
HOLDINGS - PARTE PRIMA: La holding è un imprenditore?

In quest'ottica, si è a lungo discusso circa l'attribuzione del carattere imprenditoriale, nel senso sopra inteso, all'attività delle cd. holdings. Secondo la definizione di Campobasso, la holding è una società che ha “per oggetto esclusivo l'acquisto e la gestione di partecipazioni di controllo in altre società, con finalità di direzione, di coordinamento e di finanziamento della loro attività”. In buona sostanza, ci si chiede se l'attività della holding, sia essa pura (acquisto e gestione di partecipazioni di controllo) o operativa (direzione, coordinamento e finanziamento dell'attività delle partecipate), presenti i requisiti per l'attribuzione della qualifica di imprenditore.
Sul punto, la dottrina ha tentato in diversi modi di dare risposta positiva al quesito.
1.teoria della finzione di Galgano → esercizio mediato e indiretto di attività imprenditoriale: la holding è impresa perchè, per effetto di una finzione giuridica, il suo oggetto sociale viene a coincidere con quello delle società partecipate;
2.teoria caso “Caltagirone”: la holding è impresa perchè produce servizi di direzione e coordinamento;
3.teoria dell'impresa ausiliaria di Savi: la holding è impresa perchè la sua attività è ausiliaria, ai sensi dell'art. 2195, n. 5 c.c., a quella svolta dalle partecipate;
4.teoria della società di investimento di Zanelli.
A prescindere dalla teoria che si ritiene di condividere, oggi è pacifico, sia in dottrina che in giurisprudenza, che l'attività svolta dalla holding individui un'attività imprenditoriale, in quanto esercizio professionale e organizzato della funzione di direzione e controllo delle società partecipate (Ferrara-Corsi) accompagnato dallo svolgimento di una indispensabile funzione capitalistica (azionista di riferimento).
15 dicembre 2009
Aspettando il Codice dell'Agricoltura

Nella conferenza stampa dello scorso 11 dicembre, il Ministro delle Politiche Agricole, Luca Zaia, ha così illustrato le novità del provvedimento approvato dal Consiglio dei Ministri:
"Sono orgoglioso di poter presentare questo 'Codice' che permetterà ad ogni operatore del settore di dominare con uno "sguardo" l'intera materia agricola. Finora il quadro legislativo dell'agricoltura italiana era diviso in un corpo normativo che, sedimentandosi negli anni, si era fatto particolarmente corposo ma privo di una sua organicità e compattezza. Si pensi che la materia per ora è dispersa tra il Codice Civile, leggi speciali e in alcuni commi di leggi finanziarie."
Il Codice dell'Agricoltura, di cui è possibile leggere qui la relazione illustrativa, inquadrerà:
- l'attività agricola e, quindi, le figure degli imprenditori agricoli e delle loro attività, compresa la vendita dei prodotti agricoli;
- le società agricole;
- i contratti agrari;
- le coltivazioni OGM;
- la creazione di aziende agricole, anche attraverso l'acquisizione della terra per successione o per prelazione.
In attesa del testo preliminare e convinta dell'opportunità di questo riordino, mi viene spontanea una considerazione. Se si è in presenza di un settore economico di tale complessità da richiedere un codice ad hoc, perchè ostinarsi anacronisticamente ad escludere dal fallimento l'impresa agricola?