4 settembre 2016

Le cause di scioglimento delle società di capitali

Cenni alla procedura di scioglimento e di liquidazione delle società di capitali

Le cause di scioglimento delle società di capitali risultano dall'elencazione contenuta nell'art. 2484 c.c. Per effetto della riforma del 2003, il verificarsi di una causa di scioglimento non produce effetti fino a che gli amministratori non iscrivano nel registro delle imprese la dichiarazione di accertamento dell'intervenuta causa di scioglimento (cfr. art. 2484, co. 3, c.c.). 

L'adempimento di questa formalità impone agli amministratori di procedere, senza indugio, alla convocazione dell'assemblea per la nomina dei liquidatori. Durante la fase di liquidazione - inderogabile - la società continua la propria attività, essendo esclusivamente mutato lo scopo sociale: dallo svolgimento in comune di un'attività economica alla definizione di tutti i rapporti pendenti. Soltanto al termine di tale procedura, sarà possibile estinguere la società.


Le cause di scioglimento della società

1) Decorso del termine di durata
Questa causa di scioglimento, per effetto della riforma del 2003, rappresenta una mera eventualità, in quanto è ormai consentito che la società sia costituita a tempo indeterminato. Di conseguenza, detta causa opererà soltanto là dove lo statuto preveda espressamente un termine di durata.
Lo scioglimento, tuttavia, può essere evitato mediante una proroga del termine. Tale modificazione statutaria, da adottare nel rispetto delle regole previste per tali interventi, può intervenire sia prima dello spirare del termine che successivamente. In questo ultimo caso, se la delibera di proroga venga adottata successivamente all’iscrizione nel registro delle imprese della dichiarazione con la quale gli amministratori hanno constatato, ai sensi dell’art. 2484, co. 3, c.c., l’intervenuta causa di scioglimento, essa richiederà necessariamente una preventiva delibera di revoca dello stato di liquidazione.
Si discute circa l’ammissibilità di una proroga tacita, cioè della possibilità di prolungare a tempo indeterminato la durata della società per effetto della continuazione dell’attività in seguito alla scadenza del termine. Prima della riforma, questa ipotesi era esclusa recisamente dal fatto che la previsione del termine di durata della società rappresentava un elemento indefettibile del contratto. Di conseguenza, una clausola statutaria di rinnovazione tacita della società era considerata nulla.
L’intervenuta modifica delle regole preposte alla durata della società e, in particolare, l’ammissibilità di una società costituita a tempo indeterminato hanno indotto la dottrina a ripensare il divieto con riferimento alle clausole di proroga tacita. Se, infatti, non si discute circa l’ammissibilità di una proroga tacita, attesa la necessità di rispettare la procedura necessaria per le modifiche statutarie, si reputa, al contrario, legittima una clausola con la quale si preveda che la durata della società è prorogata a tempo indeterminato, fatto salvo il diritto di recesso del socio, qualora l’attività sociale sia proseguita in seguito allo scadere del termine. Tale clausola, pertanto, impedisce di configurare una responsabilità degli amministratori per l’omessa dichiarazione dello scioglimento dopo la scadenza del termine, là dove sia possibile ravvisare una prosecuzione dell’attività sociale.

2) Conseguimento dell’oggetto sociale la sopravvenuta impossibilità di conseguirlo

Il conseguimento dell'oggetto sociale si realizza allorchè lo scopo economico (diverso dal generico scopo di lucro) per il quale è stata costituita la società risulti definitivamente conseguito, senza possibilità di ulteriore prosecuzione dell'attività sociale. Tale causa può operare soltanto nel caso in cui l'oggetto sociale consista nello svolgimento di operazioni determinate (es. attività di costruzione di una serie determinata di edifici).
L'impossibilità di conseguire l’oggetto sociale consiste nell'«impossibilità – giuridica o materiale – oggettiva, assoluta, irreversibile e definitiva, tale da rendere impossibile in modo assoluto il protrarsi dell’attività, ad esclusione dunque di ogni impedimento temporaneo o di una sopravvenuta antieconomicità dell’impresa» [Trib. Roma, 16 febbraio 2016, conf. Trib. Napoli, 25 maggio 2011]. Sul punto, lo Studio CNN 237-2014/I ha ritenuto che le gravi difficoltà economiche in cui versi la società non possano di per sè integrare tale causa di scioglimento, in quanto anche in presenza di uno stato di insolvenza la società ben potrebbe compiere attività che rappresentano l'oggetto sociale.
Il verificarsi di questa causa di scioglimento può essere impedita attraverso una tempestiva convocazione dell'assemblea volta all'adozione delle opportune modifiche statutarie. La delibera così adottata «non comporta revoca dello stato di liquidazione: pertanto produce effetti sin dalla sua iscrizione al registro delle imprese senza necessità del decorso del termine di 60 giorni prescritto dall’art. 2487 ter, comma 2, c.c.» [Massima J.A. 5 Triveneto].
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3) Impossibilità di funzionamento o continuata inattività dell’assemblea
L'impossibilità di funzionamento dell'assemblea (ordinaria e straordinaria) si verifica nel caso in cui essa appaia stabilmente ed irreversibilmente incapace di adottare le delibere essenziali per lo svolgimento dell'attività sociale [App. Catania, sez. I, 21 aprile 2008, in Vita not., 2008, 2, p. 973]. Questa situazione di stallo può essere determinata dall'inerzia degli amministratori o dall'esistenza di un insanabile dissidio nella compagine sociale [Trib. Alessandria, 13 dicembre 2010, in Foro it., 2011, 2, pt. I, c. 627; Trib. Napoli, 25 maggio 2011, in Foro it., 2012, 5, pt. I, c. 1613; Trib. Milano, 6 marzo 2014] tali da determinare una protratta inattività dell'organo assembleare.

4) Riduzione del capitale al di sotto del limite legale, salvo quanto è disposto dagli artt. 2247 e 2482 ter c.c.
Secondo la dottrina (Spolidoro), la giurisprudenza (Cass. 17 novembre 2005, n. 23262; Cass. 22 aprile 2009, n. 9616) e il Comitato Notarile del Triveneto (H.G.8), l'adozione dei provvedimenti ex artt. 2247 e 2482 ter c.c. opera come condizione risolutiva dello scioglimento già verificatosi per effetto dell'erosione del capitale al di sotto del limite legale.

5)    Casi previsti dagli artt. 2437 quater e 2473 c.c.

6) Deliberazione dell’assemblea
La delibera di scioglimento determina una modificazione statutaria che, come tale, deve essere adottata dall'assemblea straordinaria con le maggioranze previste dall'art. 2369, co. 5, c.c. [Sul punto v. Triveneto J.A.8, J.A.9; J.A.15]. Tale deliberazione può essere invalidata là dove sia possibile ravvisare un'ipotesi di abuso del diritto della maggioranza [da ultimo, Trib. Roma, 4 giugno 2014].

7) Altre cause previste dallo statuto
«L’atto costitutivo è libero di determinare altre cause di scioglimento, oltre a quelle legali, la competenza a deciderle o ad accertarle e ad effettuare gli adempimenti pubblicitari. Non può in ogni caso stabilire per dette cause un’efficacia dello scioglimento nei confronti dei terzi anteriore alla relativa pubblicità da effettuarsi mediante iscrizione nel registro delle imprese» [Triveneto J.A. 3] 
«La previsione statutaria di cause convenzionali di scioglimento della società deve essere accompagnata dall'individuazione dell’organo competente a deliberare o accertare tali cause di scioglimento e ad effettuare i relativi adempimenti pubblicitari; la mancata previsione ed attribuzione delle suddette competenze comporta l’inefficacia della clausola statutaria che si limita alla previsione di ipotesi convenzionali di scioglimento» [Triveneto J.A. 6].

8)    Altri casi previsti dalla legge
  1. dichiarazione di nullità (2332 c.c.)
  2. cessazione dall'ufficio di tutti gli amministratori di una s.a.p.a. e mancata sostituzione entro 180 gg (2458, co. 1, c.c.)
  3. art. 145, co. 5, T.U.F.

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