15 dicembre 2009

Aspettando il Codice dell'Agricoltura

Apprendo, con un certo interesse, la notizia di un imminente riordino del quadro legislativo in tema di agricoltura. E' atteso per febbraio un codice organico, composto di 155 articoli, che si propone, nelle intenzioni dei compilatori, di diventare una sorta di vademecum, un "manuale tascabile per i contadini, facilmente consultabile, snello e scritto con un linguaggio comprensibile: una vera e propria rivoluzione".
Nella conferenza stampa dello scorso 11 dicembre, il Ministro delle Politiche Agricole, Luca Zaia, ha così illustrato le novità del provvedimento approvato dal Consiglio dei Ministri:

"Sono orgoglioso di poter presentare questo 'Codice' che permetterà ad ogni operatore del settore di dominare con uno "sguardo" l'intera materia agricola. Finora il quadro legislativo dell'agricoltura italiana era diviso in un corpo normativo che, sedimentandosi negli anni, si era fatto particolarmente corposo ma privo di una sua organicità e compattezza. Si pensi che la materia per ora è dispersa tra il Codice Civile, leggi speciali e in alcuni commi di leggi finanziarie."

Il Codice dell'Agricoltura, di cui è possibile leggere qui la relazione illustrativa, inquadrerà:

- l'attività agricola e, quindi, le figure degli imprenditori agricoli e delle loro attività, compresa la vendita dei prodotti agricoli;

- le società agricole;

- i contratti agrari;

- le coltivazioni OGM;

- la creazione di aziende agricole, anche attraverso l'acquisizione della terra per successione o per prelazione.

In attesa del testo preliminare e convinta dell'opportunità di questo riordino, mi viene spontanea una considerazione. Se si è in presenza di un settore economico di tale complessità da richiedere un codice ad hoc, perchè ostinarsi anacronisticamente ad escludere dal fallimento l'impresa agricola?